“L’efficienza e l’efficacia delle pubbliche amministrazioni dopo il P.N.R.R.” La valorizzazione del capitale umano ma anche e il ruolo della politica nel governo degli Enti. Il nostro convegno al Senato della Repubblica, Sala Zuccari, Palazzo Giustiniani di ieri 2 dic.2022.



Relazione introduttiva

IL PNRR NELLA P. A.: A CHE PUNTO SIAMO? COME PROCEDONO GLI INTERVENTI PER LO SVILUPPO DEL CAPITALE UMANO?

“Con il secondo decreto Pnrr, appena approvato dal Consiglio dei ministri, il Governo dà un altro colpo di acceleratore per centrare le milestone e i target di giugno 2022. La riforma del pubblico impiego, che sta percorrendo l’ultimo miglio a passo spedito, può beneficiare di una nuova spinta su concorsi, formazione e mobilità dei dipendenti, con l’obbligo di accedere al portale inPA per tutte le procedure di selezione, in prima battuta per le amministrazioni centrali, e il rafforzamento di Formez PA e della Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Dopo la prima rata da 21 miliardi di euro versata proprio oggi dalla Commissione europea all’Italia, avanti con determinazione per ottenere la prossima, da 24,1 miliardi: progetti e investimenti per costruire il futuro”.   Così il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, al termine del Cdm del 13 aprile 2022. 

Ma per il rilancio del sistema Paese attraverso il PNRR le priorità che interessano la Pubblica Amministrazione sono la crescita digitale, la modernizzazione della pubblica amministrazione e il rafforzamento della capacità amministrativa del settore pubblico.

Nella Componente 1 “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P.A.” della Missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” due sono le aree di intervento: la Digitalizzazione e l’Innovazione della pubblica amministrazione. Questa seconda area prevede misure che interessano la valorizzazione del personale e della capacità amministrativa del settore pubblico e la semplificazione dell’attività amministrativa e dei procedimenti. Asse strategico e trasversale è la digitalizzazione dei procedimenti.

A tal riguardo si segnalano le riforme: Riforma del pubblico impiego (M1C1-R.2.1-56) e Accesso e reclutamento (M1C1-R.2.1-53). Punti di riferimento sono il D.L. n. 44 del 2021 e il D.L. n. 80 del 2021, che definiscono procedure selettive semplificate e più celeri. Ulteriore contributo è quello del D.L. 36/2022, che prevede linee di indirizzo sui piani triennali dei fabbisogni di personale, anche in termini di nuovi profili professionali, e inoltre dà nuove coordinate normative sulla mobilità orizzontale.

Il Portale è, infatti, disponibile dal 1°luglio e i profili tecnici per il PNRR sono stati selezionati. Sono tuttavia da evidenziare almeno due criticità: in primo luogo, la capacità da parte delle amministrazioni di definire il fabbisogno di personale in modo adeguato da poter poi utilizzare il portale; in secondo luogo, la numerosità dei tecnici selezionati, che non garantisce la copertura del servizio di supporto tecnico agli enti sul territorio nazionale

Ci concentriamo sul secondo investimento “Competenze e capacità amministrativa”, che si articola in due sub-investimenti:

  • Investimenti in istruzione e formazione (M1C1-I. 2.3.1) con traguardo al 2026;
  • Sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro (M1C1-I. 2.3.2) con traguardo al 2023.

L’obiettivo degli “Investimenti in istruzione e formazione” (M1C1-I. 2.3.1) è intervenire con progetti di reskilling e upskilling del capitale umano al fine di migliorare le competenze del personale della PA. Come? Attraverso corsi online, “Comunità di competenze”, progetti di change management per le amministrazioni di medie e piccole dimensioni.

I target da raggiungere al 2026 sono molto ambiziosi: 750.000 dipendenti delle PA formati, di cui 350.000 delle PA centrali.

Anche se lo stato di avanzamento di questo finanziamento non vede ancora l’implementazione di corsi online, di comunità di pratica o di progetti di change management, ad inizio anno è stato presentato il Piano strategico “Ri-formare la PA” per 3,2 milioni di dipendenti pubblici. Il Piano strategico è articolato in due filoni: “PA 110 e lode” e programmi formativi specifici per sostenere le transizioni previste dal PNRR.  

Per quanto riguarda l’investimento “Sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro” (M1C1-I. 2.3.2) l’obiettivo è “definire piani strategici in materia di risorse umane, per l’assunzione, l’evoluzione della carriera e la formazione per tutte le amministrazioni centrali e regionali”. In una seconda fase questi piani strategici saranno estesi ai grandi comuni; nel caso dei comuni di piccole e medie dimensioni sono previsti investimenti specifici.

Le riforme possono fornire il quadro normativo per definire piani strategici in materia di risorse umane, per l’assunzione, l’evoluzione della carriera e la formazione, ma quello che serve è soprattutto un reale change management della gestione del personale. È necessario un cambiamento culturale e l’introduzione di nuovi approcci e strumenti finalizzati alla reale valorizzazione del personale, che integrano le leve classiche del trattamento giuridico ed economico.

Il Piano strategico “Ri-formare la PA” fornisce alcune linee di indirizzo e modalità operative, insieme alle riforme, ma la complessità di un Piano per la formazione richiede capacità di analisi, visione strategica e capacità implementativa per poter dare gambe solide ai due sub-investimenti (“Investimenti in istruzione e formazione” e “Sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro”).

Nel PNRR, oltre ai due investimenti che abbiamo qui analizzato c’è anche quello sulla “Gestione strategica delle risorse umane nella PA” (M1C1-I.2.2), che ha come sub-investimenti l’Amministrazione pubblica orientata ai risultati (M1C1-I. 2.2.5) e le Competenze e carriere (M1C1-I. 2.3). Di questo traguardo con obiettivo 2023 ci sono ancora poche informazioni.

In sintesi, possiamo dire che sono significative le riforme e gli output sul versante della selezione del personale della PA, che forniscono coordinate normative per una nuova gestione del personale. Importante anche la definizione del Piano strategico RI-formare la PA.

Ci sono però delle criticità che rischiano di rendere la normativa solo uno strumento giuridico che in una analisi molto lucida di agendadigitale.eu  indicava in tre punti :

  1. la gestione del personale nelle PA non è update rispetto alle sfide e agli obiettivi del PNRR. Si deve agire sulla cultura della gestione del personale, supportando la transizione da una gestione amministrativa e giuridica a una gestione human centric, basata sulla reale valorizzazione delle persone.

Il profilo di competenze di chi si occupa di personale, prevalentemente di carattere istituzionale e normativo, va modificato integrando nuove competenze utili per la definizione di piani strategici in materia di risorse umane.

  • la complessità di un Piano nazionale della formazione è tale che saranno necessari ancora alcuni mesi prima di assistere alla definizione e all’attuazione di un programma strategico unitario di reskilling e upskilling del capitale umano.
  • la riforma della PA e l’investimento “Competenze e capacità amministrativa” sono definiti centralmente con un approccio top-down. Sicuramente ne trae vantaggio la velocità di attuazione del PNRR. Tuttavia, si rinuncia alla possibilità di confrontarsi con le amministrazioni per co-progettare programmi e attività in linea con le specificità di enti e territori.

Insomma, nel PNRR molti traguardi significativi – soprattutto normativi – sono stati raggiunti. Ora bisognerebbe agire con un nuovo approccio e una nuova cultura per poter dare effettivamente gambe alle riforme.

LA FORMAZIONE DEL PERSONALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Sull’argomento, il precedente Governo, nel marzo 2021 ha concordato con i Sindacati il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale: in quel documento sono state tracciate le linee guida per il rilancio del lavoro pubblico, da realizzare non attraverso l’ennesima riforma della Pubblica Amministrazione, ma passando attraverso la sua profonda riorganizzazione, che tenga conto delle specificità e delle differenze tra le diverse amministrazioni (ministeri, enti pubblici, enti locali, asl, scuole,…).

Occorre partire dai reali problemi dei lavoratori, nell’ottica di migliorare i servizi resi ai cittadini attraverso il miglioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti pubblici.

L’accordo in argomento ha inteso mettere al centro della politica del Governo il ruolo della Pubblica Amministrazione quale motore del rilancio del Paese.

Il punto che qui ci preme sottolineare riguarda l’attenzione rivolta al fattore umano, tradotta nella esigenza di assunzioni massive e nella riqualificazione e valorizzazione del personale attualmente in servizio, da perseguire attraverso percorsi formativi mirati.

Ribadiamo l’importanza della formazione, intesa come necessità imprescindibile di accompagnare l’intera vita lavorativa dei pubblici dipendenti con percorsi formativi finalizzati ad aggiornarne le conoscenze, rinnovarne le competenze e rinforzarne la motivazione.

Al riguardo, riportiamo un estratto del Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, in cui abbiamo evidenziato i passaggi relativi alla formazione.

PATTO PER L’INNOVAZIONE DEL LAVORO PUBBLICO E COESIONE SOCIALE

(stipulato il 10 marzo 2021 tra il Governo, a firma del Presidente del Consiglio e del Ministro per la Pubblica Amministrazione, e le Confederazioni sindacali: CGIL, CISL e UIL).

 Il nostro Paese riparte dalle donne e dagli uomini della Pubblica Amministrazione, nello Stato, nelle Regioni e negli Enti locali, nel sistema della Conoscenza e nella Sanità e nelle agenzie pubbliche, dalla capacità di affrontare con le migliori competenze professionali e qualità umane tutte le sfide, sempre al servizio di comunità, cittadini e imprese.

Coesione sociale e creazione di buona occupazione saranno i principali pilastri di ogni riforma e di ogni investimento pubblico previsti dal Piano di rilancio.

Il ruolo della Pubblica Amministrazione, in qualità di motore di sviluppo, è in questo senso centrale: soltanto la semplificazione dei processi e un massiccio investimento in capitale umano possono aiutare ad attenuare le disparità storiche, il dualismo tra settore pubblico e settore privato, curare le ferite nuove legate allo shock della pandemia e dare risposte efficaci ed efficienti al sistema Paese.

In quest’ottica sono indispensabili misure e piani mirati che guardino alla stabilità e all’aumento della occupazione e alla valorizzazione professionale del lavoro pubblico.

L’innovazione dei settori pubblici, sostenuta dagli opportuni investimenti in digitalizzazione, richiede una partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori, in grado di sostenere e accompagnare l’adeguamento dei servizi ai nuovi e mutati bisogni dei cittadini.

“La riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività e aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati».

Il rilancio della Pubblica Amministrazione si costruisce investendo sulle risorse umane: il nostro compito è accompagnare le sfide per il giusto riconoscimento di chi con merito lavora quotidianamente al servizio dello Stato e nelle articolazioni di tutte le Pubbliche Amministrazioni.

La costruzione della nuova Pubblica Amministrazione si fonda sull’ingresso di nuove generazioni di lavoratrici e lavoratori e sulla valorizzazione delle persone nel lavoro, anche attraverso percorsi di crescita e aggiornamento professionale (reskilling) con un’azione di modernizzazione costante, efficace e continua per centrare le sfide della transizione digitale e della sostenibilità ambientale.
Le Pubbliche Amministrazioni, così come le imprese, vivono in un contesto di grande turbolenza, con scenari molto complessi che evolvono rapidamente. Perciò non servono tanto nuove leggi, quanto la capacità di adattarsi a scenari estremamente mutevoli con flessibilità.

L’organizzazione del lavoro, le nuove tecnologie, i percorsi di formazione continua dovranno definire una nuova P.A., a partire dalla valorizzazione delle persone.
La formazione continua dovrà avere valore per le persone e per l’Amministrazione. Ogni pubblico dipendente dovrà essere titolare di un diritto/dovere soggettivo alla formazione: sarà il diritto più importante a sentirsi protagonista del cambiamento che al contempo costituirà una valorizzazione dell’immagine sociale dello Stato e dei suoi lavoratori e lavoratrici e la contrattazione dovrà prevederne l’esigibilità.

Per i motivi suesposti il Governo e le Confederazioni sindacali concordano quanto segue:

  1. 2) 3)   omissis

4)  La formazione e la riqualificazione del personale devono assumere centralità quale diritto soggettivo del dipendente pubblico (e) rango di investimento organizzativo necessario e variabile strategica non assimilabile a mera voce di costo nell’ambito delle politiche relative al lavoro pubblico.         

In particolare va ribadito che le attività di apprendimento e di formazione devono essere considerate a ogni effetto come attività lavorative.
Si assume, quindi, l’impegno a definire, previo confronto, politiche formative di ampio respiro in grado di rispondere alle mutate esigenze delle Amministrazioni Pubbliche, garantendo percorsi formativi specifici a tutto il personale con particolare riferimento al miglioramento delle competenze informatiche e digitali e di specifiche competenze avanzate di carattere professionale._____________________________(Fine dell’estratto)

CONCLUSIONI

Il documento appena citato, al di là della condivisibile intenzione di mettere la Pubblica Amministrazione al centro dello sviluppo del Paese, presenta a nostro parere alcune notevoli criticità.

Costituisce infatti una consolidata acquisizione delle teorie sulla educazione degli adulti, il fatto che l’efficacia dell’azione formativa dipenda fortemente dalla possibilità per il discente di collegare il percorso formativo intrapreso ad una successiva utilità pratica, che nel caso di specie andrebbe individuata in un concreto miglioramento della propria condizione lavorativa: possibilità di progressione nella carriera, un nuovo inquadramento professionale, un correlato incremento stipendiale. 

In altri termini, la crescita personale e professionale come strumento per raggiungere una migliore condizione di lavoro.

Il tutto, avrebbe dovuto trovare spazio all’interno dei nuovi contratti del pubblico impiego, giunti con grandissimo ritardo (riguardano il triennio 2019-2021) e senza alcuna previsione di crescita cui collegare la formazione.

In definitiva, il panorama formativo delineato all’interno del sopra riportato Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale rimane del tutto svincolato da quella che dovrebbe essere la sua reale spinta propulsiva, e cioè l’aggancio a concreti benefici per i lavoratori, ignorati tout court dai nuovi contratti.

Così concepita, la formazione rischia di rimanere un’attività ancillare alla prestazione professionale, necessaria al suo svolgimento in conseguenza di innovazioni normative e/o tecnologiche, ma del tutto svincolata dal percorso di crescita del lavoratore, con il rischio concreto di costituire soltanto un onere aggiuntivo sulle sue spalle, in termini di impegno di tempo ed energie.

In questo modo, l’intero disegno di riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, attraverso la valorizzazione del suo patrimonio più autentico, e cioè il capitale umano, rischia di naufragare ancor prima di partire.

Sarà quindi indispensabile, al fine di valorizzare concretamente il capitale umano della P. A., costruire condizioni di lavoro migliori, sotto tutti gli aspetti, per tutte le lavoratrici e i lavoratori, in modo tale da rinnovare in loro quel senso di appartenenza assolutamente indispensabile a garantirne le prestazioni migliori e, conseguentemente, il livello più alto dei servizi resi ai cittadini tutti.

Marco Capitani