L’anno appena iniziato vede purtroppo persistere una serie di gravi discriminazioni in danno delle donne, a livello globale.

E’ evidente come il peso di queste vere e proprie ingiustizie sia maggiore in quei Paesi ove la democrazia non si è realizzata, ed anzi la posizione fortemente subordinata della donna all’interno di quelle società è la cartina al tornasole della loro arretratezza. Basterà citare due soli esempi: l’Afghanistan, dove i talebani al potere hanno di recente vietato l’accesso alle università alle donne, negando loro il diritto alla crescita culturale e di conseguenza alla emancipazione sociale all’interno di una società patriarcale e maschilista di stampo medievale; la Repubblica islamica dell’Iran, ove è in atto da mesi la rivolta della popolazione civile contro le guardie della rivoluzione, il braccio armato dello Stato teocratico fondato sulla sharia, la famigerata legge islamica in ossequio alla quale le donne sono perseguitate, imprigionate, violentate e perfino uccise, anche solo per non aver indossato il velo nel modo appropriato. Si tratta forse dei due casi più estremi, e il pensare che tutto questo accade oggi, nel 2023, mette davvero i brividi. Se volgiamo lo sguardo a casa nostra, fortunatamente cogliamo scenari sicuramente meno inquietanti, ma comunque problematici. La piena parità tra uomini e donne, soprattutto nel mondo del lavoro, non può dirsi realizzata: ancora troppe sono le differenze in termini di retribuzione, carriera, opportunità. La donna è ancora destinataria esclusiva di troppi ruoli che ne mortificano la vita lavorativa: da quello di madre a quello di caregiver nei confronti di genitori anziani e/o malati, La nostra società, a differenza di molti altri Paesi come la Francia, la Germania, i Paesi scandinavi, non si è dotata di una rete efficiente di servizi che supportino la donna nel ricoprire questi ruoli: asili nido e scuole materne pubblici e a tempo pieno, strutture socio assistenziali e socio sanitarie anch’esse pubbliche, non sono presenti in numero sufficiente e ad un livello adeguato. Crediamo che su questo tema la politica possa e debba fare molto: al di là del dibattito culturale sulla eguaglianza tra uomo e donna, sempre vivo e opportuno, insieme con l’esigenza di veicolare tale messaggio all’interno dell’istituzione scolastica, sin dai primissimi anni, rimane centrale la creazione di una rete di servizi moderni, efficienti e gratuiti, che rendano possibile la piena affermazione di questa parità. Viceversa, tante belle parole serviranno solo, come succede da decenni, a riempire i salotti televisivi frequentati da quella elite radical chic che, di fronte alle inefficienze dello Stato sociale, risolve il problema solo per se stessa, mettendo mano al portafoglio: ma non può essere questa la soluzione per milioni di lavoratrici, che sono mamme e caregiver, che hanno bisogno di uno Stato realmente vicino su cui contare. Questa carenza di servizi ha determinato negli ultimi anni il gravissimo fenomeno della contrazione delle nascite, che hanno portato il nostro Paese nel 2022 per la prima volta sotto la soglia dei 400mila nati in un anno (385mila), con un indice di natalità pari a poco più di 8 nati ogni 1000 abitanti: un dato che ci pone in fondo alla graduatoria della natalità a livello mondiale (solo il Giappone ha un indice inferiore, 7 nati su 1000 abitanti). Questo dato sintetizza mirabilmente le enormi difficoltà delle giovani coppie, che a causa della mancanza di lavoro e di concrete politiche a sostegno della famiglia e della maternità, rimandano di molti anni la scelta di sposarsi o di convivere, e non di rado rinunciano definitivamente a mettere al mondo dei figli: oggi in Italia la media di figli per ogni donna è di 1,25, un valore bassissimo. Per contrastare questa tendenza, che sta modificando drasticamente il volto dell’Italia, un Paese con un’età media sempre più elevata, occorre mettere in campo da subito politiche a sostegno della famiglia, della maternità, delle donne: ad esempio, sarà indispensabile prevedere, per le madri di figli minori, la possibilità di svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile, come modalità ordinaria e non eccezionale, nel pieno rispetto della normativa di riferimento che nasce con l’intento di coniugare le esigenze di vita e di lavoro, considerato come il secondo rappresenti solo una parte, seppur importante, della prima, ma non può assorbirla al punto di negarla del tutto. Un’altra piaga che non accenna minimamente a richiudersi in Italia è il femminicidio, al contrario, incrociando i dati di alcuni dei rapporti pubblicati alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre u.s., si evince che trattasi di un fenomeno sempre più attuale e in peggioramento. Dal punto di vista politico, sociale e psicologico è improcrastinabile individuare e attuare misure concrete. Gli ultimi dati sconcertanti richiedono urgentemente la presenza di operatori sempre più formati in grado di aiutare la donna a raggiungere un sufficiente livello di consapevolezza della sua situazione, contrastando la sua tendenza all’auto colpevolizzazione per la violenza subita; dettata dalla speranza che la situazione migliori. Alcuni esperti sostengono che gli ambiti in cui è importante operare per un contributo concreto sono principalmente due: l’ambito clinico e l’ambito peritale. Si auspica che quanto sopraesposto, possa contribuire ad intraprendere il percorso lungo e tortuoso per IL RISCATTO DELLE DONNE