Le tre giornate di permesso al mese, concesse al lavoratore che beneficia della legge 104, vanno retribuite regolarmente. In più al dipendente spettano anche i compensi incentivanti la produttività. È quanto chiarito dalla Cassazione dell’altro giorno.
I permessi della legge 104, concessi ai dipendenti che assistono un familiare disabile, sono spesso al centro di battaglie giudiziarie. Di recente estesi dalla Corte Costituzionale anche ai conviventi stabili (ossia alle coppie di fatto non sposate), la principale ragione di contestazione si registra tra lavoratori e azienda per via dell’illegittimo utilizzo per scopi personali.
Ora la Cassazione ha chiarito che, tutte le volte in cui il lavoratore è costretto a prendere i permessi (massimo tre giorni al mese) per assistere il parente affetto da handicap, per tali giornate di assenza dal lavoro ha comunque diritto a vedersi riconosciuta non solo la retribuzione prevista ma anche i compensi incentivanti la produttività, previsti per specifici progetti. E ciò vale sia per il pubblico che per il privato.
I «riposi» previsti dalla legge numero 104 del 1992 «sono equiparati ai riposi per le lavoratrici madri», che, a loro volta, «sono considerati ore lavorative a tutti gli effetti». Ciò significa che «il trattamento da corrispondere in relazione a tali “permessi” devono essere esattamente quello che viene corrisposto in caso di effettiva prestazione lavorativa».
Pieno riconoscimento, quindi, alle pretese avanzate dal lavoratore a cui la sentenza in commento riconosce ufficialmente il diritto alla corresponsione dello stipendio, comprensivo dei compensi incentivanti.
In ogni caso, la Cassazione ricorda che la legge «prevede il pagamento dei compensi incentivanti unicamente previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti». Pertanto, sbaglia l’Inps nel ritenere che «tali compensi non dovrebbero essere corrisposti nei giorni di permesso retribuito» previsti dalla legge 104 anche perché essi sono da includere nella «retribuzione» e sono applicati «anche in misura non direttamente proporzionale al regime orario adottato» dal lavoratore.

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Ufficio stampa FSI