La contrattazione avviata ieri tra le confederazioni  e l’ Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni  per il rinnovo del CCNQ di definizione dei comparti e aree di contrattazione, come era facilmente presumibile, ha focalizzato la discussione più sul rinnovo del contratto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e sugli scenari che con esso si aprono che sull’oggetto effettivo della convocazione.

Proprio lo scorso giugno, la Corte Costituzionale ha  dichiarato “l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico” che è rimasta ferma per più di 6 anni; ma il rinnovo dei contratti è subordinato all’applicazione della riforma della Pubblica Amministrazione avviata dall’allora ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta nel 2009 che sino ad ora è rimasta inattuata.

Il problema non è solo il fatto che la riforma prevedeva il taglio ad un massimo di 4 comparti a cui il governo Renzi vuole dare continuità – che in ogni caso rappresenta uno scoglio non da poco su cui questa confederazione ha proposto una serie di osservazioni scritte  sia di carattere politico  che di carattere giuridico (che alleghiamo al presente comunicato)  – ma anche e soprattutto una questione  di disponibilità di risorse economiche  fresche e di quale modello di relazioni industriali si dovrà applicare.

L’accordo sugli assetti contrattuali  del 2009 che abbiamo sottoscritto con il governo e che prevedeva l’utilizzo dell’indice IPCA  era sperimentale, per 4 anni, ed attualmente è scaduto. E il modello di relazioni Ciampi del 1993 – quello per intenderci sul costo del lavoro – è ormai superato: ergo al momento non ci sono limiti ( se non quelli legislativi) al perimetro di movimento e non si hanno certezze rispetto ai parametri in campo.  Ciò non di meno  tutti chiedono  il Rinnovo dei Contratti.

Adamo Bonazzi, Segretario Generale USAE, uscendo dalla riunione ha dichiarato:  “è stata una riunione interlocutoria  che ci ha lasciati insoddisfatti ma non poteva essere che così. Sappiamo da indiscrezioni che i soldi sono pochi e come abbiamo ripetuto in tutte gli incontri con il governo e in tutte le audizioni parlamentari  non si fanno le riforme a costo zero e tanto meno si possono fare sulla pelle dei lavoratori. Ognuno oggi ha posto l’accento su diverse questioni ma l’Aran deve dirci se intende rispettare la sentenza della Corte Costituzionale o meno, perché in quel caso parliamo di un triennio che è già stato definito nei suoi assetti contrattuali e cioè il 2013-2015.”

La Segreteria Confederale