Perchè lo sciopero del 12 maggio di tutto il P.I. e perchè firmare la petizione !

Di seguito il comunicato del Coordinatore Nazionale degli Informatici Raffaele Pinto

 

L’attuale congiuntura economica all’interno del continente Europeo presenta fenomeni socio-economici nettamente diversi tra loro, tanto da definire un quadro generico dell’Europa dall’identità irregolare, che manifesta divari importanti tra i vari Stati, con una conseguente influenza sulla qualità di vita della comunità.

Il divario tra le Nazioni si manifesta in aspetti quali gli stipendi medi pro-capite, le imposte, i costi del lavoro, i servizi al cittadino, la sanità, e più in generale il costo della vita rapportato ai guadagni netti percepiti.

Il quadro che emerge da un Confronto dei dati tra salari e spese quotidiane, come riporta l’Atlante Geopolitico della Treccani, evidenzia un divario netto tra Paesi come l’Italia e altri come la Germania, l’Inghilterra e la stessa Spagna, la cui situazione viene spesso accomunata a quella del Bel Paese.

Dal grafico si evince che la media Europea del reddito medio pro-capite è equivalente a 1.904 euro al mese al netto delle imposte. Il costo medio della vita è stato calcolato in 39,7 euro al giorno, con un’incidenza del 68% sull’intero reddito.

Il Paese in cui il rapporto tra stipendi e denaro speso è più favorevole è la Germania, con una media di 2.580 euro percepiti mensilmente e un costo della vita quotidiana di 37,2 euro al giorno, con un impatto equivalente al 43,2%.

Il secondo gradino della graduatoria dei Paesi più vivibili d’Europa è occupato dalla Gran Bretagna, Paese in cui i cittadini possono contare su uno stipendio medio pari a 2.570 euro, mentre si trovano a sostenere un onere giornaliero di 50,6 euro, con un’incidenza generale del 58,8%.

Al terzo posto si trova la Francia, in cui i salari medi arrivano a 2.180 euro al mese (dunque siamo ancora al di sopra dello standard continentale) a fronte di una spesa di 44,7 euro per le necessità quotidiane, con un impatto sulle finanze delle famiglie del 60,6%. Il rapporto tra entrate e uscite aumenta leggermente in Svezia, dove un reddito medio tocca i 1.910 euro al mese e il cittadino spende circa 43 euro al giorno.

La Spagna è la prima delle nazioni europee a trovarsi leggermente al di sotto della media, con stipendi di 1.850 euro mensili ma con un buon rapporto guadagni/spese, che ammonta al 58,8%, frazionato in soli 35,9 euro al giorno, utilizzati dai cittadini per acquisti di ogni genere.

A segnare il primo netto divario con il resto d’Europa è proprio l’Italia, che con un distacco considerevole rispetto alla vicina Spagna, si attesta tra i fanalini di coda del continente. I dati parlano di uno stipendio pro-capite di 1.410 euro e di una spesa di 39,4 euro al giorno (quasi equivalente alla cifra spesa mediamente da uno svedese, in cui i guadagni sono decisamente superiori) generando in questo modo un costo della vita molto alto, pari all’ 83,8%, quasi 20 punti percentuale in più rispetto alla media europea.

 

LA SITUAZIONE ITALIANA

Quali sono le cause di questo quadro economico nazionale così sfavorevole per i cittadini del nostro Paese? Il Prof. Francesco Daveri, ordinario di Economia all’università degli Studi di Parma, spiega in un’intervista a L’Espresso l’origine di questo paradosso:

“Arrivare a fine mese in Italia è più difficile che in altre nazioni ugualmente colpite dalla crisi, come la Spagna, perché lo Stato pesa troppo sulle spese del Paese”

Tra gli oneri economici che gravano sul portafoglio dei Cittadini vi sono le cosiddette utilities, corrente elettrica, acqua e gas, i cui costi sono levitati in seguito alla privatizzazione delle forniture. Finché le società erogatrici delle utenze sono state in regime di monopolio pubblico, il prezzo delle bollette si è mantenuto su un livello per così dire “politico”.

Con la privatizzazione e la quotazione in borsa di aziende come Eni e Enel, il carico economico per coprire gli investimenti non più effettuati dallo Stato, è ricaduto sui contribuenti, così come la necessità di incrementare gli utili per rendere le società più appetibili in Borsa.

Lo stesso discorso vale per le imposte indirette come l’IVA o le accise statali sui prodotti (soprattutto la benzina), che negli ultimi anni sono aumentate senza sosta nonostante la diminuzione degli stipendi.

Coprire i costi della dispendiosa macchina statale italiana per far quadrare i conti, attualmente incide direttamente sul costo della vita, penalizzando maggiormente i cittadini con reddito di fascia media e bassa, che devono acquistare ogni sorta di bene o servizio a prezzo maggiorato, spendendo le stesse cifre dei cosiddetti ”ricchi”.

Questo meccanismo spiega inoltre i prezzi, decisamente troppo alti, di RC auto, affitti e conti correnti bancari. Una buona strada per agevolare l’uscita da questo circolo vizioso potrebbe essere la liberalizzazione, unita a un aumento dei controlli: in settori come la telefonia, questa strategia ha effettivamente generato un risparmio sensibile sulle spese degli utenti.

La spesa maggiore, però, rimane quella dello Stato (basti pensare che il 75% del costo di un litro di benzina è costituito da accise statali): solo una diminuzione consistente degli sprechi nella burocrazia e un sensibile taglio delle spese pubbliche in eccesso, potrebbero portare effettivamente a una diminuzione delle imposte dirette e delle spese indirette, con un conseguente alleggerimento del peso economico sui contribuenti e una plausibile ripresa del commercio.

 

CONCLUSIONE

Il rapporto tra stipendi e costo della vita in Italia è tra i più sfavorevoli d’Europa: il paradosso Nazionale fa sì che in Paesi come la Spagna, in cui la crisi è più forte, si viva comunque meglio.
Quale responsabile dell’ANIPA, e quindi conoscitore delle professionalità informatiche, vorrei portarvi un esempio di uno sviluppatore che per lavorare in Italia deve conoscere 10 linguaggi di programmazione (e aver vissuto 150 anni).

Un annuncio, in Italia citava: Cercasi web developer, con padronanza della lingua inglese, disponibile a spostarsi, che conosca gli strumenti di sviluppo di applicazioni mobile quali Android e iOS, Objective-C, Java, Web Services, C#, HTML/HTML5, CSS, jQuery, Ajax, PHP, MySQL, la programmazione ad oggetti e i design patterns, la padronanza dei framework e CMS più diffusi (ndr: quali sarebbero i frameworks più diffusi? Esistono dei frameworks più diffusi? Se si per quale linguaggio?). Avranno la precedenza coloro che conosceranno anche Unity3D e le metodologie di sviluppo Agile.
Gradita anche la conoscenza di 3D Studio Max o Maya e dei software di grafica più comuni (Photoshop, Illustrator) e di animazione (Flash).

Questi tipi molto seri, che nell’annuncio non inseriscono nemmeno il compenso annuale/mensile (tipico dell’Italia), pretendono che un comune mortale che mediamente vive 70 anni, possa conoscere oltre 6 linguaggi di programmazione (parlo di conoscere seriamente un linguaggio di programmazione, non dopo aver letto gli how to di una qualche guida presa in edicola col giornale), e che possibilmente abbia conoscenza di un po’ di tutto… è persino gradita la conoscenza di 3D Studio Max o Maya, software di grafica 3D molto complessi che non hanno niente a che vedere con un developer (o quasi). Praticamente non si capisce perché cerchino un web developer che sviluppi ad esempio per iOS e Android e che abbia conoscenze di grafica 3D e 2D, quasi a volerti dire, programmerai un po’ di tutto, farai tutto tu il lavoro e ti occuperai anche dell’aspetto grafico di qualsiasi cosa tu faccia. Forse è uno scherzo?
All’estero le aziende cercano personale sempre più specializzato, che sappia fare “una sola cosa”, ma bene, d’altro canto in Italia, sembra che le cose viaggino nel senso opposto. Sarà perché qui si ragiona così, si preferisce risparmiare a discapito della qualità del prodotto finale (un Ingegnere Informatico appena assunto qui prende appena 24.000 euro lordi l’anno se gli va bene, in USA, si parte da 80.000/85.000 dollari, che sono 7.000 dollari al mese, al cambio attuale 5.229 euro). Un informatico con tutte le conoscenze sopra citate dovrebbe quantomeno essere remunerato con 100.000 euro lordi l’anno.
Partendo dal presupposto che penso di conoscere il settore di cui parlo (quello Informatico), credo che la situazione italiana sia veramente critica. Chi assume non sa che personale cerca, chi cerca lavoro non sa da chi farsi assumere. Solo le grandi aziende a volte lavorano come si dovrebbe (Google, IBM, Intel, etc..) e sanno chi e cosa cercano (ma ci sono le dovute eccezioni).
E il bello sapete qual è? Che di annunci così la rete ne è piena, stra-piena!

Mi viene quindi da chiedermi: ma in Italia veramente vogliono che ti spacchi la schiena per ottenere una laurea, espandere il più possibile le tue conoscenze, per poi avere delle competenze estreme che nessun altro ha e dover lavorare una vita come l’ultima ruota del carro, con un salario da impiegato alla posta (con tutto il rispetto per gli impiegati postali)? Se qualcuno nell’edilizia cerca di risparmiare sul materiale, nel mondo italiano dell’informatica qualcuno cerca di risparmiare sulle menti… a condizioni veramente estreme. Ma cosa pretendono? Vogliono la moglie ubriaca e la botte piena?
Non bisogna svendersi al primo offerente, e invito i tantissimi colleghi a fare altrettanto. Manca il lavoro in Italia? No, mancano i datori di lavoro “onesti” che ti offrono una carriera promettente, un ambiente di lavoro frizzante e le giuste ricompense. E’ anche vero che il governo italiano salassa gli imprenditori di tasse, e questo non favorisce le assunzioni……ma questa è un’altra storia.
Molti datori di lavoro non sanno cosa serve loro e non sprecano nemmeno un minuto per chiedere a qualcuno che ne capisca qualcosa per scrivere un annuncio e nel contempo esseri umani (perché di solito cercano alieni, traduttori con competenze o 5 anni di esperienza, 3 lingue, sotto i 30 anni e con STAGE).

Il Coordinatore Nazionale FSI – USAE Funzioni Centrali Informatici
Raffaele Pinto