Al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, al Ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, al Presidente dell’INPS Tito Boeri, al Presidente dell’INAIL Massimo De Felice

In riferimento al recente provvedimento con il quale il Governo ha stilato una graduatoria di 15 categorie di lavoratori impiegati nei cc. dd. “lavori usuranti” da escludere dall’innalzamento a 67 anni dell’età pensionabile, si porta quanto segue all’attenzione delle SS. LL.

La selezione delle categorie ha seguito dei criteri assolutamente condivisibili, assimilando tra loro professioni anche molto diverse ma accomunate dall’essere estremamente usuranti, sia da un punto di vista fisico che psicologico, laddove le due dimensioni poi facilmente tendono a sovrapporsi.

Da questo studio sono stati esclusi i pubblici dipendenti delle Funzioni Centrali, quelli più noti con il temine di impiegati statali; scelta probabilmente condivisibile, anche se va considerato come il loro impiego comporti, non di rado, carichi di lavoro e responsabilità assimilabili a quelli dei lavori usuranti.

Quella che però non condividiamo, e che vogliamo portare alla Loro attenzione, è l’esclusione di una precisa categoria di pubblici dipendenti: gli operatori penitenziari.

All’interno di questa famiglia rientrano impiegati e funzionari, inquadrati all’interno del comparto ministeri, dipendenti del Ministero della Giustizia ed in servizio presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed il Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità.

Questo personale presta servizio negli istituti penitenziari per adulti, in quelli per minori e presso gli uffici dell’esecuzione penale esterna, oltre che presso i servizi collegati.

E’ di tutta evidenza che il loro lavoro non si svolge, se non saltuariamente, all’interno di comodi uffici e, soprattutto, non ha ad oggetto pratiche cartacee: il lavoro di questi operatori riguarda in via prioritaria e quasi esclusiva altri esseri umani e si svolge tra le mura di un carcere o effettuando visite nelle abitazioni e i posti di lavoro degli utenti.

Questo comporta che ogni giorno, questi operatori hanno a che fare con il disagio, con la sofferenza, non di rado con la disperazione, talvolta vanno incontro a rischi e pericoli non indifferenti, come il tributo di sangue pagato negli anni bui del terrorismo sta a dimostrare.

Crediamo fermamente che il lavoro di questi operatori debba essere incluso tra quelli usuranti e non può neanche minimamente essere assimilato a quello degli altri pubblici dipendenti: troppo diversi sono i contesti operativi e la mission istituzionale.

Purtroppo a questi lavoratori non vengono riconosciute quelle prerogative, anche in termini di età pensionabile, che invece riguardano i loro colleghi della polizia penitenziaria che sono inquadrati all’interno del comparto sicurezza: una sperequazione questa assolutamente incomprensibile, considerato come gli uni operino a strettissimo contatto con gli altri.

Con la presente chiediamo pertanto alle SS. LL., ognuno per quanto di rispettiva competenza, di includere il lavoro del personale penitenziario del DAP e della DGMC, attualmente inquadrato all’interno del comparto ministeri, tra quelli usuranti da esentare dall’innalzamento del tetto dell’età pensionabile a 67 anni.

Si ringrazia dell’attenzione, e si resta in attesa di conoscere le determinazioni che verranno assunte nel merito.

Il Coordinatore Nazionale Funzioni Centrali
Paola Saraceni
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