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“Status quo”della Pubblica Amministrazione Italiana

Da tempo Il Pubblico Impiego richiama l’attenzione, in nome dei supposti privilegi dei dipendenti e del basso livello di produttività degli uffici pubblici. Anche per questo, nell’ultimo decennio, è divenuto il bacino cui attingere per fronteggiare il contenimento dei deficit pubblico imposti dall’Unione Europeo e dalla crisi economica.

Criticità, Riforme, Proposte

Le criticità: la situazione oggi

Durante la crisi economica, la maggior parte dei paesi OCSE ha adottato provvedimenti sia sul fronte occupazionale che salariale, con l’obiettivo di ridurre il costo complessivo della pubblica amministrazione.

Le statistiche autoreferenziali

Dal confronto internazionale emerge che l’Italia si colloca, con Olanda, Grecia e Gran Bretagna, tra i Paesi che negli anni successivi alla crisi finanziaria hanno realizzato una maggiore riduzione dell’occupazione pubblica: il peso del pubblico impiego sulla occupazione complessiva è passato dal 14,3% al 13,6% (fonte Istat). Sarebbe interessante capire quali siano i dati presi in considerazione alla base del calcolo delle statististiche presentate: % di lavoratori pubblici rispetto alla popolazione; % di lavoratori pubblici rispetto a quelli privati; definizione di lavoratore pubblicocosì come intesa in Olanda, Grecia, Gran Bretagna ecc. (per esempio in molti Paesi il dipendente di una amministrazione locale non è considerato lavoratore pubblico nella sua piena accezione).

Il blocco italiano

Gli strumenti adottati sono stati basati prevalentemente sul congelamento delle assunzioni e sulla riduzione/blocco del turnover. Alla riduzione del numero di occupati pubblici si sono affiancate politiche “di blocco dei contratti e della contrattazione” con la conseguenza di ottenere la riduzione del costo del lavoro pur non avendo bloccato l’aumento del costo della vita. Effetti si sono avuti quindi con il congelamento degli stipendi, il blocco delle carriere, il mancato riconoscimento della professionalità, etc.

Effetti distorti del blocco 

Tra questi emerge in particolare l’elevata percentuale di occupati pubblici in età avanzata che nel nostro paese sfiora il 45% a fronte di una media OCSE del 25% (il che significa che gli altri Paesi hanno continuato ad assumere giovani e a mandare in pensione gli anziani) a causa dei provvedimenti di blocco del turnover, dell’alzamento dell’età pensionabile, etc. chiudendo ai giovani le porte di accesso al pubblico impiego.

Costi o non costi?

Sempre dai dati OCSE emerge un’altra peculiarità: il gap retributivo tra i profili professionali medio, bassi ed elevati, nonché la diversa remunerazione delle stesse posizioni a tutto svantaggio del lavoro pubblico italiano.

Non ultimo, la piaga persistente del fenomeno del precariato, fenomeno storico e inesistente negli altri Paesi.

Dove finiscono questi costi? Come mai le statistiche Ocse e simili non li vedono?

Una quota consistente di personale non stabile viene spesso inserito nella normale attività degli uffici pubblici senza tuttavia che venga garantita alcuna prospettiva di inserimento stabile. Un fenomeno che comporta svantaggi non solo per i lavoratori coinvolti ma per lo stesso comparto pubblico che spreca denaro e tempo nel formare personale che successivamente non utilizzerà.

Da chiedersi quale sia la ratio della spending review per questa tipologia di spesa: qualcuno ha mai fatto una stima dei costi / benefici / danni sul Paese di un uso così “snello” di tale rapporto lavorativo?

Le riforme

In virtù del mito che il privato sia bello e buono arrivala legge 29 del 1993 ossia come glissare la Costituzione

Dagli inizi degli anni novanta, la Pubblica Amministrazione italiana è sottoposta ad attacchi continui per la sua privatizzazione sotto la bandiera dell’efficienza e della trasparenza.

L’applicazione della legge 29/93 comporta come prima rivoluzione la nomina dei direttori generali che deve avvenire su incarico politico e non più su concorso come sempre stato nella P.A. Inoltre, a tali nomine possono accedere anche soggetti esterni alla PA, in possesso dei titoli richiesti.   … peccato che da nessuna parte è scritto chi valuta se questi titoli ese siano congrui o meno rispetto all’incarico affidato.

Ma, non finisce qui. I decisori politici non soddisfatti, emanano la legge del 15 marzo 1997 n. 59: la contrattualizzazione del pubblico impiego. Una riforma che di fatto ha portato la privatizzazione del diritto del lavoro pubblico nel nostro paese, il decentramento di molte funzioni dallo Stato agli enti locali e ha riformato tutta l’attività sulla base di norme e criteri definiti dall’allora Ministro per la Funzione Pubblica Franco Bassanini.

La memoria dei più è molto corta e l’ignoranza è abissale: possibile che mai nessuno si sia chiesto come mai è stato privatizzato il solo settore contrattuale e non l’intera disciplina del rapporto di lavoro pubblico? Perché come prevede la Costituzione alla Pubblica Amministrazione si accede per concorso, che nello spirito costituente doveva garantire l’accesso dei migliori. E con il concorso si apre la schiera dei diritti e doveri del pubblico dipendente. Diritti e Doveri, appunto. Quelli che non si possono garantire se si è sotto schiaffo, come nel privato (vediamo Ikea o Amazon? Tanto per non fare nomi.

Con questi interventi spacciati per riforme – sotto la spinta non disinteressata dell’Unione europea e la profonda ignoranza tra i nostri politici – sono state legiferate disposizioni a carico della PA (forzando e violando la carta costituzionale di fatto) ed estremizzando il processo di privatizzazione della PA anche nella sua organizzazione e nella sua attività (una per tutte : Equitalia, oggi di nuovo ente pubblico dopo i danni che ha fatto), salvaguardando Politici, Diplomatici, Prefetti, Magistrati, Forze dell’ordine ad ordinamento civile e militare.

Attualmente l’attività della P.A., sulla base delle norme vigenti, si realizza, o dovrebbe realizzarsi, nel rispetto dei criteri di “buon andamento” e “imparzialità” organizzata, quindi, sulla base dei seguenti principi:

  • imparzialitàsignifica neutralità, indipendenza di pensiero e di azione, obiettività nell’esecuzione (se si è nominati in quota di qualcuno, come può essere garantita? La nomina diretta è stata estesa anche ai dirigenti di seconda fascia, e non dovrebbe superare una certa quota, di fatto abbondantemente violata, al punto che i dirigenti dello Stato, ossia quelli diventati dirigenti dietro concorso sono la minoranza e generalmente sono i più anziani di una amministrazione. Non parliamo poi del patrimonio di conoscenza che si sta perdendo a causa del turnover bloccato. Ma potrebbe essere il nuovo business: e vai con le società di consulenza che insegneranno ai nominati come si fa amministrazione pubblica, proprio loro che non sanno nemmeno cosa è …)
  • efficienzacioè esercitare le proprie funzioni in modo da ottenere risultati col minor dispendio di risorse economiche possibile e in un tempo coerente con il risultato atteso;
  • efficacia,intesa come la capacità di produrre il risultato voluto;
  • economicità,intesa come il minor costo possibile sostenuto nel rapporto tra i mezzi economici impiegati e le risorse umane e materiali da acquisire per il soddisfacimento dell’interesse pubblico.

Il mito del privato avanza: la valutazione delle performance

Nello stesso tempo le pubbliche amministrazioni si sono ritrovate vincolate da una serie di norme: ad esempio il d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 in tema di valutazione delle attività; il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 – convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134 – che impone, nella scelta di software, l’obbligo dell’effettuazione di una valutazione tecnica; il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33che le obbliga ad impostare la propria attività seguendo trasparenza e pubblicità. Infine, in coerenza con le direttive dell’Unione europea, dovrebbero assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. Su determinate attività della P.A. esercita un ruolo di controllo  l’Autorità nazionale anticorruzione.

Oggi nel 2017, assistiamo ad uno scenario della P.A. a dir poco disastroso, causato dall’emanazione di leggi e norme che hanno prodotto effetti negativi e sgretolanti, che andrebbero sicuramente riviste, se non addirittura cancellate (le leggi della Bassanini, il D.L. 29/93 (oggi D.Lgs. n. 165/2001), che hanno distrutto la P.A.  intesa soprattutto come Res Pubblica e umiliato i dipendenti come lavoratori e come uomini definiti come “fannulloni”. La P.A. appare sempre più distante dai cittadini, imbavagliata dalla burocrazia, è percepita come una “cosa” inutile, lenta, non rispondente a soddisfare le necessità amministrative della collettività.

A partire dal 2011, in nome della spending review, quindi l’esame delle spese sostenute dallo Stato per il funzionamento dei suoi uffici e per la fornitura di servizi ai cittadini, sono state emanate norme e tagli apparentemente allo scopo di ridurre gli sprechi e apportaremiglioramenti ai bilanci, nella realtà per fare cassa, spremendo ulteriormente il settore pubblico.  E’eclatante (per non dire scandaloso) come un articolo della legge di stabilità 2017 escluda la Rai dall’applicazione delle norme di spending review. “Bisognerebbe capire perchè e non ne vedo la razionalità”, commenta Carlo Cottarelli, uomo che di risorse statali se ne intende perché dal 2013 al 2014 è stato commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica sotto il Governo Letta. 

In altre parole la P.A. è considerata dagli organi politici un “peso” tant’è che dopo otto anni di fermo il nuovo contratto prevede un aumento medio di 80 euro mensili, che nei casi in cui devono essere restituiti gli 80 euro renziani, diventano pochissimi spiccioli.

Le Proposte: La P.A. come risorsa e opportunità per il cittadino 

Oggi la P.A. è in una condizione non più sostenibile che penalizza anche il servizio al cittadino. Occorrono proposte e riforme a salvaguardia della dignità della Persona come lavoratore e come cittadino.

A tal fine la FSI-USAE: Federazione Sindacati Indipendenti –  Unione Sindacati Autonomi Europei che sta veramente dalla parte dei lavoratori, che non dipende né da partiti, né dal potere governativo ha messo a punto il progetto “rivendicare la dignità dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni ed il loro diritto ad essere considerati una risorsa per il paese”.

Questi gli obiettivi principali del programma di politica sindacale nel pubblico impiego

Il rinnovo del contratto dopo 8 anni di blocco dovrà essere l’occasione per

– dire No alla mancia degli 80 euro proposta dal governo;

– prevedere un incremento di almeno 250 euro per i lavoratori delle Funzioni Centrali, in riferimento alla retribuzione tabellare e non accessoria, alfine di incidere positivamente sul TFR e sulla futura pensione di ogni lavoratore;

– definire un Nuovo Ordinamento professionale moderno ed efficiente, in linea con gli standard europei e che riconosca la professionalità e la qualificazione acquisita; che valorizzi tutte le professionalità interne e nello stesso tempo che garantisca  una seria formazione per tutto l’arco lavorativo anche al fine di contribuire a realizzare quelli che sono gli obiettivi sui quali il Governo tanto punta per far quadrare i conti ( lotta all’evasione fiscale e contributiva;  al lavoro sommerso, all’attività ispettiva etc. );

– ribadire il “trattamento di maggior favore” come condizione “ex equo” per i lavoratori;

– Istituzione dell’area quadri , affinché a fronte di titoli di studio e preparazione tipiche dell’area quadri istituita nel settore privato, sia riconosciuta, anche ai funzionari apicali delle pubbliche amministrazioni, l’elevata professionalità e la fondamentale funzione di raccordo tra la dirigenza ed il personale;

– Prevedere un iter di accesso alla dirigenza basato su principi di meritocrazia e non di nomina politica. In particolare mediante la suddetta istituzione dell’area quadri, da cui attingere per la copertura dei posti vacanti dei dirigenti, assicurando in tal modo che gli incarichi vengano affidati a persone veramente preparate e competenti nel settore, provenienti dalla stessa esperienza lavorativa;

– Ricoprire i posti delle dotazioni organiche, attraverso utili politiche di ricambio generazionale nella P.A. italiana, che è la più vecchia d’Europa;  prevedere vere assunzioni per consentire nello stesso tempo una più umana distribuzione dei carichi di lavoro e l’ingresso ai giovani rendendo la P.A. pù dinamica/ moderna e quindi in grado di  fronteggiare meglio l’attuale cambiamento del contesto socio-culturale-economico-lavorativo che con l’avvento delle nuove tecnologie sempre più innovative è certamente molto cambiato sia nell’approccio che per il “sapere” (al sapere umanistico si è aggiunto in maniera imprescindibile quello tecnologico/informatico);

– Rilanciare la funzione dello Stato e restituire dignità ai dipendenti pubblici;

– Restituire agli uffici il dovuto decoro attraverso il rispetto della normativa sull’igiene e la sicurezza del lavoro.

– Predisporre ogni iniziativa finalizzata alla eliminazione delle esternalizzazioni e delle gestioni private con il ritorno alla gestione pubblica.

– Stabilizzazione di quell’esercito di precari che oggi risulta essere uno spreco di capitale umano assunto per far fronte alle carenze della P.A.

Tutto questo è possibile solo se si rivedono tutte quelle norme, leggi e leggine che hanno imbavagliato e immobilizzato la P.A. impedendone lo svolgimento delle attività in nome dei principi ispiratori quali l’efficienzal’efficacia e l’economicità e la customersatisfaction.

La FSI-USAE opera in modo democratico e in piena autonomia, colloquiando con la politica al fine di tutelare, senza scopo di lucro, gli interessi morali ed economici dei dipendenti.

E’ GIUNTO IL MOMENTO DI SCEGLIERE ! ALLE RSU CANDIDATI E FAI CANDIDARE.

PIU’ VOTI OTTENIAMO, PIU’ ACQUISIREMO POTERE CONTRATTUALE!

Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
347.0662930