Dopo  nove anni di blocco assoluto del contratto, i lavoratori del Comparto Funzioni Centrali hanno avuto il tanto agognato rinnovo: ma si tratta di una vittoria di Pirro, sia con riguardo agli attesi incrementi economici, che non coprono neanche il 50% dell’inflazione maturata negli otto anni di congelamento del rinnovo (2010-2017), sia per l’aspetto normativo, laddove non si è provveduto a riscrivere gli ordinamenti professionali per tenere conto delle funzioni realmente svolte, e non riconosciute, da migliaia di lavoratori, perpetuando dunque una palese ed inaccettabile ingiustizia.

Il valore medio degli aumenti stipendiali mensili si attesta sui 76 euro lordi, che dopo nove anni somigliano più a un misero obolo che ad un reale incremento salariale, peraltro definito in tutta fretta in considerazione dell’approssimarsi delle elezioni politiche del prossimo marzo: non a caso l’obolo ricorda, anche nella sua entità, il bonus di renziana memoria (i famigerati 80 euro), quasi a confermare che questo è il prezzo con il quale questo governo e i sindacati compiacenti pensano di comprarsi i lavoratori.

E’ indubbio che decisivo è stato l’accordo firmato il 30 novembre 2016 dalle stesse organizzazioni sindacali che hanno firmato il contratto, che hanno accettato la vergognosa cifra di 85 euro medi mensili lordi di aumento.

 

I sindacati firmatari, accettando le condizioni del governo, hanno praticamente avallato quella politica di discriminazione e di pregiudizio nei confronti di tutti i dipendenti pubblici che ha animato passate campagne politiche, accompagnate dall’endorsement di qualche noto accademico e veicolate massicciamente dai mass media, sempre pronti nel dargli all’untore, volontariamente generalizzando le malefatte di qualcuno con il comportamento di tutti.

Così si è preparato il terreno a questa farsa del rinnovo del contratto, ove spicca un sistema di valutazione dei lavoratori che demanda alla contrattazione integrativa (e quindi ai soliti sindacati) l’individuazione delle percentuali tra loro cui destinare una maggiorazione del premio di produzione.

Ma non basta: perfino il terreno di un diritto fondamentale come la salute ha subito pesanti restrizioni, con la colpevolizzazione delle assenze per malattia a cavallo del fine settimana, la programmazione mensile dei permessi ex legge 104/92, il limite di 18 ore/anno per le assenze riconosciute per visite mediche e prestazioni specialistiche.

Ed infine, la restrizione ha operato anche su temi fondamentali nella vita dei lavoratori, come l’articolazione dell’orario di lavoro, la mobilità del personale e la formazione dello stesso, che non sono più materia di contrattazione: restano l’informativa ed il confronto sindacale, che sono ben altro, atteso che non hanno alcuna natura negoziale, davvero un bel passo avanti per i lavoratori, non c’è che dire!

Crediamo fermamente che la penosa vicenda del rinnovo del contratto indichi chiaramente qual è la strada da intraprendere, in occasione delle prossime elezioni per il rinnovo delle RSU: mandare a casa, una volta per tutte, quei sindacati consociativi, allineati con il governo e contro i veri interessi dei lavoratori.

L’occasione delle prossime elezioni per le RSU è troppo ghiotta per lasciarcela sfuggire, per dare fiducia ad una organizzazione che opera ed agisce solamente nell’interesse dei lavoratori, senza se e senza ma, senza compromessi né inciuci.

Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
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