Nel dare il benvenuto ai membri del nuovo Governo, rivolgiamo al Signor Presidente del Consiglio ed ai Ministri tutti della Repubblica, gli auguri di buon lavoro.

Con la presente siamo ad illustrarvi brevemente, in qualità di nostri interlocutori privilegiati, quello che è il nostro impegno prioritario da anni, e cioè il perseguimento del miglioramento e l’ammodernamento della pubblica amministrazione.

Crediamo che si debba partire da una profonda rivisitazione dell’attuale quadro normativo, considerato come il DL 29/1993, le riforme Bassanini del 1997/1999 e il DL 150/2009 (la c.d. riforma Brunetta), abbiano progressivamente marginalizzato la figura del pubblico dipendente, relegandolo nell’estrema periferia del panorama occupazionale italiano, in termini di livello retributivo, inquadramento giuridico, dignità professionale, status sociale.

La strada della privatizzazione del pubblico impiego ha facilitato il ricorso massiccio a esternalizzazioni, con la concessione di appalti e incarichi che hanno determinato un vertiginoso aumento della spesa pubblica e il contestuale detrimento delle funzioni di funzionari e impiegati.

Inoltre, è ben noto che questa politica ha inevitabilmente agevolato dinamiche clientelari e corruttive, laddove si è imbattuta in non pochi soggetti di dubbia moralità, come numerosissime inchieste giudiziarie dimostrano da anni.

E’ certo che il recupero della legalità, della fedeltà al proprio mandato, della lealtà istituzionale, debbano essere patrimonio comune, di ogni cittadino e a maggior ragione di ogni pubblico dipendente, che è al servizio del cittadino; ma è anche vero che l’esempio deve venire dall’alto, che gli assetti organizzativi, la distribuzione dei carichi di lavoro, i livelli professionali e le corrispondenti retribuzioni, devono rappresentare un tutto coerente, equo e  trasparente, come oggi purtroppo non è.

Oggi ci si deve confrontare innanzi tutto con le carenze degli organici che in alcuni settori mettono addirittura in forse lo stesso funzionamento degli uffici: basti pensare alla giustizia, che negli anni ha accumulato ritardi e una mole di arretrato da Paese del terzo mondo.

Una recente ricerca condotta dall’Adapt, (l’Associazione per gli studi sul lavoro e le relazioni industriali, collegata all’università di Modena-Reggio Emilia e ad altri atenei, fondata dal compianto Marco Biagi) ha rilevato che in Italia gli occupati nella pubblica amministrazione sono circa 3.055.000, e cioè 48.9 per 1.000 abitanti.

Il nostro Paese si trova all’ultimo posto di questa classifica europea, capeggiata dalla Svezia (141,1 occupati nella p. a. ogni 1.000 abitanti) seguita da Francia (83,2), Inghilterra (78), Spagna (60,5), Grecia (56,5), Germania (52,5).

L’Italia è inoltre al penultimo posto nella percentuale (13,6) dei dipendenti della pubblica amministrazione rispetto al totale degli occupati: solo la Germania ha un valore inferiore (10,6) mentre gli altri Paesi registrano percentuali maggiori, il 28,6 della Svezia, il 21,4 della Francia, il 18 della Grecia, il 16,4 dell’Inghilterra e il 15,7 della Spagna.

Non è azzardato pensare allora che il minore tasso occupazionale dell’Italia non dipenda soltanto dalle caratteristiche del mercato del lavoro privato ma anche dal sottodimensionamento della produzione di servizi pubblici.

Una politica che rilanci fortemente la Pubblica Amministrazione, attraverso pubblici concorsi finalizzati alle assunzioni massicce e mirate di giovani preparati, motivati ed adeguatamente formati, determinerebbe un significativo abbassamento del tasso di disoccupazione giovanile, contribuirebbe ad una riorganizzazione ed alla razionalizzazione della stessa P. A., con una immediata positiva ricaduta sulla qualità dei servizi resi ai cittadini; inoltre, si assicurerebbe quel ricambio generazionale assolutamente necessario, atteso che la classe dei dipendenti pubblici italiani ha l’età media più alta d’Europa.

Sarà indispensabile agire anche sugli ordinamenti professionali, che andranno riscritti tenendo conto delle mutate esigenze delle diverse amministrazioni, attese le innovazioni di carattere sia normativo che tecnologico, con la ridefinizione dei profili professionali, che dovranno essere pochi e livellati verso l’alto.

Capitolo a parte spetta alle retribuzioni, considerato che anche in questo campo l’Italia si trova agli ultimi posti in Europa: i pubblici dipendenti hanno avuto il contratto di lavoro bloccato per otto anni, per poi vedersi riconosciuti aumenti risibili, che non hanno coperto neanche l’aumento del costo della vita in quel lungo periodo.

Questa situazione non è più sostenibile, il recupero della dignità del lavoro pubblico e della conseguente efficienza dei pubblici servizi, non può non passare per il riconoscimento di una retribuzione dignitosa ed adeguata al livello delle prestazioni fornite e delle responsabilità assunte.

E in questi anni caratterizzati dalle spaventose carenze di organico di cui si è detto, i pubblici dipendenti hanno dimostrato, assicurando sempre il funzionamento degli uffici e svolgendo spessissimo funzioni di livello superiore senza alcun riconoscimento né economico né giuridico, di meritare retribuzioni degne dei lavoratori alle dipendenze di uno Stato tra i più importanti d’Europa.

Vi ringraziamo dell’attenzione, e su questi temi rimaniamo a disposizione per un confronto aperto e leale quando vorrete.

Cordiali saluti.

Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
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