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Giustizia – linee programmatiche: osservazioni

Signor Ministro della Giustizia,

come Sindacato Indipendente ed Europeo, FSI – USAE, abbiamo letto con molta attenzione le linee programmatiche da Lei illustrate l’11 luglio scorso al Parlamento e alla Commissione Giustizia del Senato . Un documento che trova la nostra condivisione, in quanto prende atto delle problematiche da noi segnalate con diverse note al servizio “Il Ministro ascolta”, chiedendoLe un incontro e dandoLe la nostra disponibilità a collaborare fattivamente. Purtroppo, ad oggi non abbiamo avuto alcun riscontro pertanto Le chiediamo ancora una volta un appuntamento per rappresentarle esperienze, richieste e problematiche vissute sul campo, dai nostri iscritti.

Di seguito Le riportiamo una breve sintesi della nostra posizione e alcune proposte, ribadiamo già espresse nelle nostre precedenti lettere.

 

  • È noto che l’esigenza, crescente e non più rinviabile, di una profonda riforma della giustizia, trova oggi un consenso praticamente generalizzato, coinvolgendo i diversi schieramenti politici, le associazioni professionali degli addetti ai lavori (magistrati, avvocati, operatori giudiziari e penitenziari), studiosi ed esperti del settore, organizzazioni sindacali, cittadini comuni. E non potrebbe essere altrimenti, alla luce delle gravissime inefficienze palesate dal sistema, con particolare riferimento – per il settore giudiziario – all’enorme numero di procedimenti, civili e penali, arretrati e alla conseguente lunghezza dei tempi necessari per la loro definizione, mentre il sovraffollamento carcerario e la carenza di opportunità lavorative per i detenuti penalizzano oltre modo il settore penitenziario. Le problematiche sopra illustrate abbiano, a nostro parere, un denominatore comune, e cioè le croniche carenze di organico che affliggono il sistema, a tutti i livelli: magistrati, dirigenti, funzionari, personale amministrativo e tecnico, unità di polizia penitenziaria, carenze che determinano inevitabilmente ritardi, inefficienze, disfunzioni.

Chiediamo quindi una seria riforma della giustizia la quale deve partire da una concreta politica delle assunzioni, da attuare attraverso pubblici concorsi da bandire dopo aver completato lo scorrimento delle graduatorie degli idonei dei concorsi espletati in passato, contemplando l’attribuzione di un punteggio a tutti coloro che abbiano prestato servizio nella giustizia con lavoro nero, come i tirocinanti. È arrivato il momento di porre fine alle varie forme di inaccettabile precariato presenti nella giustizia italiana. In tal modo si immetteranno nel sistema giustizia, in modo stabile, migliaia di giovani, preparati e motivati, che assicureranno quel ricambio generazionale non più rinviabile. In previsione di questa – ribadiamo – essenziale integrazione degli organici, occorrerà riscrivere gli ordinamenti professionali, al fine di delineare nuovi profili, adeguati alle mutate esigenze. Per definire i nuovi assetti organizzativi si dovranno individuare pochi profili, livellati verso l’alto, che corrispondano alle reali necessità dell’amministrazione, e non l’attuale inutile frammentazione o addirittura la sovrapposizione di figure professionali e compiti.

Inoltre, per il settore giudiziario, sarà indispensabile potenziare l’Ufficio del processo, attraverso la completa informatizzazione dell’iter processuale, e l’adeguamento delle piante organiche per consentire lo smaltimento della enorme mole di procedimenti arretrati.

In particolare, sarà essenziale attribuire gli alti incarichi dirigenziali a figure competenti ed equilibrate, aventi esperienza di base, capaci di gestire le risorse umane con attenzione e riguardo delle esigenze dei lavoratori e delle loro famiglie. Quindi non più incarichi politici ma di merito.

Per il settore penitenziario, è giunta l’ora di prevedere l’inquadramento del personale del comparto ministeri in servizio presso il Dipartimento penitenziario e quello della Giustizia minorile e di comunità all’interno dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria, per porre fine ad una sperequazione assolutamente disfunzionale all’interno degli istituti, dove tutti gli operatori perseguono il medesimo fine istituzionale, condividendo i disagi, le difficoltà e i rischi di un lavoro in prima linea, al di là delle specifiche competenze professionali.

Le auspicate integrazioni degli organici nell’ambito dei nuovi profili professionali saranno indispensabili anche nell’ambito dell’esecuzione penale esterna, al fine di assicurarne l’impulso e la crescita, secondo i più moderni e condivisi assunti della scienza criminologica, che pone questa modalità di esecuzione penale come fondamentale, specialmente nell’ambito minorile, dove sono indispensabili la presenza e la competenza degli operatori, pena il rischio di delegittimare definitivamente l’azione rieducativa dello Stato, come la recrudescenza della criminalità minorile sta a dimostrare.

Chiediamo, inoltre, l’eliminazione della “Sorveglianza Dinamica” all’interno degli istituti penitenziari. Più osservatori hanno rilevato che il maggior numero degli istituti non possono essere strutturalmente adibiti alla sorveglianza dinamica. L’apertura delle celle non basta occorrono attività trattamentali, spazi e telecamere in modo che “il detenuto non sia costretto solo a fare su e giù nel braccio” con tutte le risse che ne conseguono.

 

  • Occorre una profonda revisione del codice penale minorile del 1988, per rispondere in maniera adeguata a questa preoccupante escalation della violenza minorile. Crediamo che in Italia ci si trovi in una situazione assai critica anche a causa della normativa. Il codice penale minorile del 1988, orientato al recupero del minore più che alla sua punizione: criterio sicuramente condivisibile in linea generale, ma che a parere di chi scrive, si è spinto troppo oltre sulla frontiera del perdonismo, generando quasi una sorta di impunità negli autori di reati, anche gravissimi. Se è vero che la prevenzione della delinquenza minorile deve passare per la famiglia, per la scuola, intese come agenzie formative che devono proporre modelli di convivenza civile e di legalità, di fronte alla violenza pura, fine a se stessa, alla crudeltà che mostra la mancanza assoluta di valori come l’empatia o la pietà, la Giustizia, e quindi lo Stato, deve poter dare una risposta anche severa, punitiva, anche nel rispetto delle troppe vittime dei reati, specialmente quelli più efferati rivolti contro la persona. Ma, soprattutto, serve una risposta che riesca a responsabilizzare il giovane reo, anche attraverso l’espiazione di una pena detentiva; naturalmente, gli istituti minorili dovranno essere sempre di più luoghi di rieducazione e riabilitazione, dove il lavoro, la scuola, la formazione professionale devono coinvolgere tutti, in maniera totalizzante. In questa direzione, chiediamo l’abrogazione della norma che ha incluso in quegli istituti i ragazzi fino ai 25 anni.

 Chiediamo una profonda revisione del codice penale minorile del 1988, per rispondere in maniera adeguata a questa preoccupante escalation della violenza minorile, non lasciando il carcere come misura estrema e residuale: ma un carcere che funzioni, a cominciare dall’adeguamento degli organici delle figure professionali che vi lavorano oggi gravemente carenti.

 

  • Sempre con apposita nota l’abbiamo informata di quanto è stato deciso, sul filo di lana alla fine della passata legislatura, in danno del personale del comparto funzioni centrali in servizio presso l’amministrazione penitenziaria e il dipartimento della giustizia minorile e di comunità. Con la circolare del 20 luglio 2015, l’allora Direzione generale del personale e della formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, stabiliva che l’indennità penitenziaria (indennità di amministrazione) doveva considerarsi indennità accessoria e non più retribuzione fondamentale, inserita in tabella A, come era stato fino ad allora. Questo in base a due pareri forniti, su richiesta della stessa Amministrazione, dall’ARAN, che contraddiceva quanto la stessa Agenzia aveva affermato in precedenza (nel 1995) riconoscendo all’indennità penitenziaria la sua natura di emolumento fondamentale e non accessorio. In virtù della circolare citata, tale indennità è soggetta alla decurtazione in caso di malattia, ed opera dal 1 giugno di quest’anno con valore retroattivo, a partire dal 2008! Tale decurtazione si pone come doppiamente iniqua: in secundis, perché limitata solo ad alcuni tra gli operatori penitenziari (sono esclusi i dirigenti e la polizia penitenziaria) ma, in primis, perché il suo mancato riconoscimento al lavoratore, nel caso di una sua assenza per malattia, ne stravolge radicalmente la natura di emolumento economico fondamentale, inserito in tabella A e, quindi, non soggetta al prelievo previsto dalla “legge Brunetta”. Vale appena la pena di ricordare che l’indennità di servizio penitenziario (prevista dall’articolo 4 della L. 27 ottobre 1987, n. 436, punto 2) rappresenta il riconoscimento in termini economici della peculiarità del servizio reso all’interno delle strutture penitenziarie e fu esteso dagli appartenenti al Corpo degli allora Agenti di Custodia al personale civile, in base alla considerazione che quest’ultimo vive lo stesso disagio e corre gli stessi rischi professionali del personale in divisa. Non va dimenticato come tale indennità trovò la sua ratio, all’epoca della sua istituzione, in molti episodi di sangue (sequestri di persona, attentati, omicidi) che avevano visto anche il personale civile cadere come vittime del dovere ad opera delle Brigate Rosse.

Chiediamo, nell’ottica di una necessaria omologazione del trattamento, giuridico ed economico, del personale del comparto funzioni centrali dell’amministrazione penitenziaria e del dipartimento della giustizia minorile e di comunità con quello dirigenziale e di polizia penitenziaria, l’abolizione della trattenuta sull’ indennità penitenziaria attualmente prevista in caso di assenza del lavoratore per malattia, che l’indennità penitenziaria torni ad essere fissa e continuativa, in tabella “A”.

 

Le rappresentiamo la nostra più ampia disponibilità ad un confronto aperto e leale sui temi affrontati, nel comune interesse di risolvere i gravi problemi della Giustizia con i quali Lei è chiamato a confrontarsi.

In attesa di un cenno di riscontro positivo, si saluta cordialmente.

Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
347.0662930

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