In memoria di Paolo Borsellino.

Prima di parlare di un problema, occorre conoscerlo bene, per cui consiglio a tutti di “studiare” e di non dare mai per scontato quanto scritto da altri (compreso quallo che scrivo io).

Il compito primario di un sindacato o di un partito politico dovrebbe essere quello di informare e di farlo il più obiettivamente possibile, in modo che ognuno possa trarre le proprie conclusioni.

Bene.

Ultimamente non si fa che parlare di migranti, accoglienza, buonismo, solidarietà e via discorrendo.

Ma il vero problema da affrontare in tema di “migranti” è un altro, ossia la speculazione che ne segue.

Tanto per capirci meglio, il sistema di accoglienza in Italia opera su due livelli (più un terzo eventuale, ma diventato normale): prima accoglienza, che comprende  i C.A.R.A. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) che sono i centri di prima accoglienza, e gli SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).

La prima accoglienza dovrebbe servire a garantire ai migranti primo soccorso, a procedere con la loro identificazione, ad avviare le procedure per la domanda di asilo (queste dovrebbero essere procedure veloci, cosa che non sono), per poi assegnare i richiedenti asilo ai progetti SPRAR, ossia alla seconda accoglienza.

Però i richiedenti asilo e rifugiati sono aumentati a dismisura dal 2014.

Pertanto le domande di asilo aono diventate troppe, i posti troppi pochi, per cui ci si sono inventati (vedi un po’ cosa non si fa in Italia) i  cosiddetti CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), che formalmente rientrano nella prima accoglienza, ma a cui si accede direttamente dai porti di sbarco, ed in pratica dà ormai un’accoglienza di lungo periodo come se fosse una accoglienza ordinaria.

Vediamo meglio come funziona nello specifico il sistema di accoglienza:

Dopo una prima valutazione, i migranti che fanno domanda di asilo vengono trasferiti (in teoria entro 48 ore, quindi mai) nei centri di prima accoglienza (C.A.R.A.), dove vengono trattenuti il tempo necessario per individuare una soluzione nella seconda accoglienza (in media un anno).

Riporto una tabella con le presenze al 23 gennaio 2017 nelle varie strutture presenti oggi in Italia (da un report della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza della Camera dei Deputati:

Ma nella realtà, come dicevo sopra, spesso (troppo spesso) i migranti vengono condotti direttamente dal porto di sbarco al CAS (i Centri di Accoglienza Straordinaria, di cui parlavo sopra), concepito come forma di prima accoglienza anche se può essere un appartamento in mezzo a una città.

C’è quindi una prima distanza importante tra teoria e pratica, dove spesso prevale la necessità di gestire emergenze, soprattutto in questa fase di transizione tra i vecchi e i nuovi centri.

Coloro che non fanno domanda di asilo sono, naturalmente, molto pochi, e vengono rimpatriati.

Seconda accoglienza: lo SPRAR

Una volta transitati dai centri di prima accoglienza, i richiedenti asilo vengono assegnati alla seconda accoglienza, SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Almeno, in teoria. Perché, come abbiamo già visto, essendo il programma SPRAR di piccole dimensioni, e ospitando anche rifugiati e titolari di protezione sussidiaria e umanitaria, di fatto i richiedenti asilo che arrivano in Italia vengono sempre più dirottati sui CAS.

Passiamo ora a dire quali Enti ospitano i migranti:

Tutti gli enti Locali fanno domanda di entrare nel circuito di accoglienza, se la domanda viene valutata positivamente dal Ministero degli Interni, l’ente locale riceve un finanziamento triennale per l’attivazione di un progetto SPRAR sul proprio territorio. A quel punto l’ente pubblica a sua volta una gara d’appalto per assegnare le risorse ottenute ad un ente gestore, che deve essere un ente non profit (le famose “cooperative”).

I richiedenti asilo  restano per tutto il tempo necessario alla risoluzione della loro pratica di richiesta di asilo, cioè fino a quando non ricevono la risposta, affermativa o negativa. Se ricevono una risposta negativa (passa generalmente parecchio tempo) devono lasciare il sistema SPRAR.

Secondo gli ultimi dati aggiornati al 1 aprile 2017, sono presenti nel sistema SPRAR 25.743 persone, di cui duemila circa minori non accompagnati. Sono attivi in tutta Italia 638 progetti che coinvolgono 544 enti locali, così distribuiti:

25 mila posti sono del tutto insufficienti a coprire la richiesta, che cresce sempre di più insieme agli sbarchi sulle coste italiane.

La cosiddetta accoglienza straordinaria, che però in pratica costituisce l’accoglienza ordinaria (Non si dice, infatti, che in Italia non c’è niente di più ordinario dello straordinario?): è costituita dai CAS, che, ripeto, dovrebbero essere solo strutture temporanee, da aprire solo nel caso in cui si verifichino “arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti” (Decreto Legislativo 142/2015, art. 11) che non sia possibile accogliere tramite il sistema ordinario illustrato sopra.

Dato che dal 2014 gli arrivi ravvicinati e consistenti sono la regola, i CAS sono diventati la regola, e il loro nome è quanto mai improprio. Si tratta infatti non necessariamente di centri (si possono usare anche appartamenti, come nello SPRAR) e l’accoglienza è tutt’altro che straordinaria: si tratta infatti ormai della modalità ordinaria in cui vengono inseriti i migranti (ossia il 78% delle presenze).

A differenza dei progetti SPRAR, gestiti da enti non profit su affidamento dei comuni, i CAS possono essere gestiti sia da enti profit che non profit su affidamento diretto delle prefetture. Ogni prefettura territoriale pubblica quindi delle gare d’appalto periodiche per l’assegnazione della gestione dei posti in modalità CAS.

Come lo SPRAR, anche i CAS vengono finanziati con il Fondo nazionale per le politiche e i servizi d’asilo e vengono assegnati tramite gare d’appalto basate su una retta giornaliera per ciascun utente. La retta indicativa riconosciuta agli enti gestori è di 35 euro a persona accolta al giorno, ma ogni prefettura può modificare la base d’asta di partenza, alzando o abbassando la retta. Di questi soldi, solo circa 1,50 – 3 euro al giorno vanno direttamente al migrante, il resto va al gestore che ha vinto l’appalto (ossia 32 Euro al giorno per ogni migrante).

Pur avendo quindi nella pratica una funzione praticamente identica allo SPRAR, i CAS sono concepiti e gestiti in modo molto diverso, come se fossero strutture temporanee dove parcheggiare i beneficiari in attesa che facciano il loro ingresso nel bel mondo dello SPRAR. Nei fatti però non lo sono, perché i beneficiari restano spesso nei CAS per tutta la durata della loro pratica di asilo. Questo disallineamento tra teoria e pratica conduce a situazioni problematiche:

Ci sono diversi enti gestori che operano palesemente in malafede, ospitando i migranti in sistemazioni indegne senza assistenza alcuna e lucrando vergognosamente sui servizi che non offrono né ai migranti né al territorio.

Questi gli ultimi dati disponibili sulle presenze nel sistema di accoglienza dei migranti in Italia:

Alla data del 23 gennaio 2017 erano presenti nel sistema di accoglienza italiano 175.550 persone, di cui 14.750 (l’8%) nella prima accoglienza, 136.978 (il 78%) nei CAS (straordinari?), e 23.822 (il 14%) nello SPRAR.

Per quanto riguarda i costi del sistema, facciamo riferimento ai dati indicati nel Def (Documento Economico e Finanziario) approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 aprile 2017:

Nel 2016 l’Italia ha speso per il sistema di accoglienza dei migranti circa 2,5 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto al 2015, quando la spesa era stata di 1,3 miliardi. E La previsione per il 2017 contenuta nel Def parlava di una cifra compresa tra i 2,9 e i 3,2 miliardi di euro (non sono ancora pronti i dati definitivi del 2017).

Per quanto riguarda la ripartizione di questi costi, l’ultimo dato disponibile fa riferimento al 2015, quando allo SPRAR furono destinati 242 milioni di euro, mentre il restante miliardo di euro è stato utilizzato per la prima accoglienza (inclusi i CAS, straordinari?).

In sostanza, un centro come il C.A.R.A. di Mineo (tanto per citare quello che conosco meglio) ospita 3.000 migranti l’anno per un appalto triennale di 100 milioni di euro, per questo vi ha fatto capolino la delinquenza organizzata, come meglio precisato nel processo su “mafia capitale”, tanto che Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa 29 Giugno che conta all’attivo diversi centri di accoglienza messi a disposizione dell’emergenza immigrazione, intercettato al telefono con una sua collaboratrice ha riassunto così: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno». Stando alle carte dell’inchiesta, Odevaine (ex vicecapo di gabinetto di Veltroni) che gestiva le “assegnazioni” degli immigrati ai vari centri di accoglienza  avrebbe «orientato le scelte della commissione per creare le condizioni per l’assegnazione degli immigrati a strutture gestite da soggetti economici riconducibili a Buzzi». Questo è il “metodo Odevaine” citato negli atti processuali di “Mafia Capitale”; in pratica, Odevaine è riuscito a mettere d’accordo tutte le mafie esistenti oggi in Italia (dalla mafia siciliana, alla ndrangheta, alla Sacra Corona Unita, alla ex banda della Magliana, alla mafia Romana) poiché con il “busines migranti”, stando alle affermazioni di Buzzi: “Il traffico di droga rende meno dell’accoglienza”.

Altro problema, non meno grave, è che in centri come quello di Mineo, che ospitano 3.000 “migranti” spesso appartenenti ad etnie storicamente  in guerra tra loro, non sono rari i casi di rissa, prostituzione, furti, stupefacenti ecc.

Tanto che, come spesso sollecitato dal Procuratore della Repubblica di Caltagirone dr. Giuseppe Verzera, si è auspicata la chiusura del centro.

Renato La Manna
Coordinatore Nazionale Quadri Direttivi