Non c’è dubbio che la recente sentenza costituzionale inciderà pesantemente anche sugli effetti dell’iter del decreto legislativo Attuativo della legge 15 del 2009, il famigerato decreto Brunetta. Anche se il Ministro dell’istruzione, l’On. Mariastella Gelmini, minimizza nelle sue dichiarazioni gli effetti della sentenza la corte costituzionale apre un varco molto importante nella politica del Governo sulla scuola. Come già è avvenuto per la sanità le Regioni infatti una volta sancite le proprie competenze primarie in materia e il regime di legislazione concorrenziale instaurato a seguito della modifica del titolo quinto della costituzione,  non saranno disponibili a retrocedere allo stato nessuno delle proprie competenze e daranno battaglia fino in fondo per far valere quelli che la corte ha definito come propri diritti. Non vi è dubbio che questo pronunciamento nel bel mezzo della discussione per l’attuazione della legge 15/2009 inciderà pesantemente anche sull’iter del relativo decreto delegato, in questo momento in attesa di essere esaminato dal Parlamento. 
Le dichiarazioni dei rappresentanti della Conferenza delle Regioni e di alcuni Presidenti  regionali non possono che confermare questa tesi: la rivendicazione di un ruolo importante nel destino dell’istruzione sia come organizzazione, sia come ripartizione dei fondi, ivi compresi quelli contrattuali dei dipendenti. Significative in questo senso le parole di Errani e della Bresso:  “La sentenza del 2 luglio della Corte Costituzionale – spiega   Errani – da’ riconoscimento di validità ai problemi sollevati dalle Regioni, dall’Emilia-Romagna in particolare, sulle decisioni del governo in merito al dimensionamento della rete scolastica. Di fatto questa decisione fornisce una ulteriore precisazione della linea di demarcazione dei poteri di Stato e Regioni, fra ambiti esclusivi ed ambiti di legislazione concorrente, confermando che le Regioni hanno piena titolarita’, nel quadro dei principi di legge, sul tema della organizzazione della rete scolastica e che quindi lo Stato non puo’ in via regolamentare, come invece previsto dalla Legge 133/08, condizionare le loro autonome scelte”.
“Al di la’ del significato giuridico della pronuncia va colto un segnale politico rilevante – prosegue Errani – il tema scuola, come altri del resto, cosi’ importante per la difesa e lo sviluppo dei diritti di cittadinanza dei giovani, non puo’ essere affrontato in termini di puro risparmio, con atti prevaricanti ed illegittimi. I territori vicini agli interessi delle persone vanno coinvolti e rispettati nelle scelte che riguardano la fruibilita’ e l’ottimizzazione del servizio scolastico, secondo il dettato costituzionale – dice il Presidente Errani – Mi auguro che da questa vicenda il Governo voglia cogliere un segnale piu’ generale che riguarda la scuola; la necessita’ che il confronto e l’ascolto siano sempre presenti ed attivi, troppo importante il futuro dei giovani per essere gestito in arroccamento sulle proprie prerogative, le istituzioni sono chiamate a creare insieme le condizioni ottimali per la generalizzazione e la qualificazione della scuola”.
“Il Governo e il Ministro non minimizzino questa sentenza – conclude Errani – tutt’altro che marginale nei suoi significati, e riattivino immediatamente un programma di lavoro che corrisponda alle esigenze formative dei ragazzi, delle ragazze, delle loro famiglie”.
“La Consulta ha riconosciuto la concorrenzialità della materia e ha definito a chi spetta l’organizzazione sul territorio. Cioè alle Regioni”, Così Mercedes Bresso, Presidente della regione Piemonte, conclude un’intervista rilasciata al quotidiano “la Stampa” sulla Pronucia della corte Costituzionale che ha parzialmente bocciato i tagli alla scuola inseriti dal governo nel decreto relativo alla “manovra estiva”.
“Viene confermato in modo netto che il dimensionamento scolastico è una competenza delle Regioni. Non a caso il Piemonte, insieme ad altre sette Regioni aveva presentato ricorso proprio contro le parti .del decreto che considerava lesive della programmazione dell’offerta formativa”. Nono solo, prosegue la Bresso: “Viene sancita una chiara suddivisione dei ruoli: lo Stato può dettare i principi generali, ma il dimensionamento è di competenza regionale. Il che apre la strada a molti aspetti: in primis, il nostro ruolo decisionale per le scuole di montagna sotto un certo numero di allievi”.
Questa incongruenza, d’altra parte, era già evidenziata anche dalla confederazione USAE nelle audizioni parlamentari del 25 del 30 di giugno di quest’anno rispettivamente al Senato ed alla Camera dei Deputati. La formulazione del titolo quinto della Costituzione, attualmente vigente, lascia pochi spazi interpretativi attribuendo ai vari soggetti, stato, regioni, autonomie locali, competenze diverse e in qualche caso sovrapposte suddividendo le competenze legislative primarie fra lo Stato le regioni, lasciando allo Stato il compito di fissare i livelli minimi comuni ed attribuendo a queste ultime, le regioni, competenze primarie sull’organizzazione in materia di sanità, istruzione, turismo territorio.
Da segnalare peraltro che con una coincidenza a dir poco singolare, nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 2 luglio, è stato pubblicato il Dpr 20.3.2009, n. 81, concernente proprio le “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’art. 64, comma 4, del decreto-legge 25.6.2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6.8.2008 n. 133”.
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