COMUNICATO

Vogliamo iniziare questa nostra breve lettera utilizzando le parole del noto giornalista Giancarlo Maria Palombi, che in riferimento ai tragici eventi verificatisi nella Questura di Trieste, ha affermato che “Chi lavora in divisa va aiutato da vivo, non va commiserato da morto.

Una frase che fotografa perfettamente, a nostro parere, il problema che fa da sfondo alla tragedia di Trieste e a tanti altri episodi che hanno visto uomini e donne delle nostre forze dell’ordine cadere vittime del loro dovere.

Ci riferiamo a una strisciante sottocultura che nasce nell’immediato dopoguerra, che si rafforza negli anni della contestazione giovanile (Settanta e Ottanta) e permane ancora oggi condivisa da molti, troppi Italiani, e che potremmo brevemente indicare come una generalizzata avversione per chi lavora in divisa, a difesa delle istituzioni democratiche del nostro Paese e dei suoi cittadini.

Si tratta di un atteggiamento che include il rigetto di concetti come l’amor di Patria e il rispetto per i suoi simboli come il Tricolore, figlio di una avversione demagogica e fortemente ideologizzata che è diventata il patrimonio sub-culturale di una precisa parte politica, colpevole di non aver saputo e voluto riconoscere il salto storico verificatosi dopo la caduta del regime fascista, che aveva fatto suoi quei simboli, dimenticando che analoga scelta ha fatto la nostra Costituzione repubblicana.

Questo messaggio ha contribuito negli anni a delegittimare l’operato delle forze dell’ordine, privilegiando via via la comprensione, l’accondiscendenza, la tolleranza e perfino talora la connivenza con le azioni poste in essere dai criminali, solidarizzando spesso e volentieri con le loro situazioni problematiche e con il loro disagio sociale, dimenticando regolarmente i drammi delle vittime e delle loro famiglie.

Questa politica ha poi scientemente travisato alcuni gravi episodi, che hanno visto protagonisti in negativo pochi appartenenti alle forze dell’ordine, in vere e proprie crociate contro la polizia e i carabinieri, trasformando le deprecabili ed eccezionali condotte di alcuni nella regola del comportamento di tutti.

Tutto ciò ha determinato in larghi strati della popolazione una sorta di idiosincrasia nei confronti degli uomini e delle donne in divisa e la politica, sempre sensibile al problema del consenso elettorale, ha spesso operato scelte scellerate, volte a depotenziare l’azione delle stesse, lasciando via libera ai criminali di ogni sorta: non può tacersi in tal senso il numero sempre più elevato di atti criminali compiuti da cittadini stranieri (i fatti di Trieste e Roma sono solo gli ultimi in ordine di tempo), complici l’aumento delle loro presenze sul territorio ma anche la sfrontatezza e il senso di impunità indotti dalle scelte di cui sopra.

Crediamo che di fronte a tragedie come quelle di Trieste si debba intervenire su più piani ed in maniera sinergica tra diversi attori.

Occorre incrementare fortemente il numero degli operatori delle forze dell’ordine con assunzioni finalizzate ad aumentare il controllo del territorio, dotando detto personale dei mezzi e delle risorse adeguate, non è più pensabile che molti agenti delle volanti debbano fare il pieno di benzina a loro spese; la dotazione di strumenti dissuasivi per contrastare il crimine come il taser o gli spray urticanti deve essere generalizzata; le loro retribuzioni devono poi essere adeguate ai livelli di responsabilità ricoperti ed ai rischi corsi ogni giorno.

Ma soprattutto, è indispensabile che la politica attraverso queste scelte appropriate restituisca agli operatori delle nostre forze dell’ordine la dignità che spetta loro e che potrà trasformarsi nel consenso e nella vicinanza dei cittadini tutti, e non solo di una parte di questi.

Il Coordinatore Nazionale

Paola Saraceni

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