Da molti anni e dalle più diversificate ed autorevoli fonti, si parla della necessità di una Riforma del Comparto Funzioni Centrali in Italia, anche sulla scia degli esempi forniti da Paesi europei ed extraeuropei, che hanno posto alla base del rilancio dell’economia il potenziamento del settore pubblico. Nel nostro Paese, al contrario, il settore è stato sempre più marginalizzato, attraverso politiche scellerate, che hanno bloccato per anni il turn-over (con lo stop ai concorsi e alle assunzioni), lasciando invecchiare la classe dei pubblici dipendenti (con 55 anni, è quella con l’età media più alta d’Europa) e congelando nel contempo le retribuzioni, attraverso il blocco dei rinnovi contrattuali. Così, nel giro di poco più di un decennio, la classe dei lavoratori del Comparto Funzioni Centrali è diventata una delle più vessate e tartassate (ricordiamo che i lavoratori del suddetto Comparto pagano tutti le tasse, con il prelievo direttamente alla fonte), con stipendi che hanno via via perso il loro potere di acquisto, relegando le famiglie monoreddito e con due/tre o più figli tra quelle che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Parallelamente, con i pensionamenti, gli organici si son andati svuotando, a danno dell’efficienza dei servizi resi ai cittadini, sempre più carenti a fronte di una domanda crescente. La necessità di una Riforma del Comparto Funzioni Centrali nasce proprio dalla contemplazione di questo desolante scenario, mentre la soluzione non può che essere una profonda inversione di tendenza, atta a:

1) bandire concorsi mirati, per assecondare le esigenze delle amministrazioni più carenti, assumendo migliaia di giovani, adeguatamente preparati;

2) favorire il pensionamento di una larga fascia di impiegati, il cui contributo sul lavoro risente inevitabilmente dell’età avanzata (ridotta efficienza, assenze per malattia);

3) rivedere profondamente i livelli retributivi, al fine di adeguare gli stipendi ai reali bisogni della vita quotidiana dei lavoratoti e delle loro famiglie. Questo delle retribuzioni è un punto assolutamente centrale, considerato come per oltre 3 milioni di lavoratori significherebbe una spinta ai consumi, e dunque un rilancio dell’economia stagnante, con riflessi benefici anche sulla produzione industriale di beni e servizi. Inoltre, significherebbe restituire la perduta dignità a questi lavoratori, con positive ricadute, anche, sulle prestazioni lavorative, che risentono inevitabilmente del livello di soddisfazione e di appagamento dei loro attori.

Quanto illustrato, deve trovare una applicazione trasversale all’interno di tutte le amministrazioni dello Stato, laddove trasversali e generalizzate sono le carenze e le inefficienze. Per quanto riguarda la Giustizia, si procederebbe allo smaltimento dell’enorme arretrato nel settore giudiziario ed allo sveltimento dei procedimenti, nonché a trasformare le carceri in strutture non meramente contenitive e custodiali, ma anche in grado di perseguire la finalità rieducativa della pena. Per quello che attiene al Lavoro, il potenziamento degli organici dovrà incrementare l’attività ispettiva e di controllo, a tutela delle migliaia di lavoratori vittime dei rischi del lavoro “nero”. Parallelamente, analoga esigenza esiste per le Infrastrutture ed i Trasporti, come recenti tragedie ci hanno purtroppo insegnato e segnato. E così per l’Interno, fondamentale è aumentare il controllo del territorio, in chiave di prevenzione dei reati ma anche di creazione di reti con la popolazione, per realizzare quella polizia di prossimità ancora poco sviluppata nel nostro Paese. Fondamentale sarà poi il potenziamento delle dotazioni organiche di tutti quei pubblici dipendenti (civili ed in divisa), impegnati nel contrasto alla grande evasione fiscale, atteso come una importante riduzione del fenomeno apporterebbe ossigeno al bilancio dello Stato. In breve sintesi, la riforma dovrà essere globale affinché possa servire a rilanciare l’intero Paese. A fronte di ciò, le misere cifre decise dal Governo in sede di diminuzione delle trattenute fiscali, che si riverberano sulle buste paga, rappresenta l’ennesimo schiaffo ai pubblici dipendenti, un obolo vergognoso che oltre a non aiutare minimamente le loro famiglie, ne umilia ancora una volta la dignità. Chiediamo, in conclusione, delle revisioni reali e sostanziali degli stipendi, in linea con gli standard della tanto decantata Europa, che i nostri politici prendono ad esempio solo quando fa loro comodo. Questa volta siamo noi a reclamare retribuzioni, condizioni di lavoro, servizi e strutture autenticamente “Europei”, perché nel Comparto delle Funzioni Centrali continuiamo ad essere borbonici, neanche Italiani.

Il Coordinatore Nazionale Paola Saraceni 347.0662930 fsi.funzionicentrali@usaenet.org