Con sempre maggiore e preoccupante frequenza, la cronaca riporta gravi episodi di violenza i cui protagonisti sono giovani e giovanissimi, spesso minori

Nelle grandi aree metropolitane si va diffondendo il fenomeno delle baby gang, le bande giovanili dedite alle rapine, alle aggressioni a sfondo sessuale, e ad altre condotte penalmente rilevanti, che sono sempre caratterizzate da un alto grado di violenza, spesso del tutto gratuita. Crediamo che la risposta a questo fenomeno debba articolarsi sul piano della prevenzione ma anche su quello della repressione, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali, prevedendo anche una parziale revisione del codice di procedura penale per i minorenni, adottato con il DPR 488 del 1988. Come è noto, detto codice è ispirato ad alcuni principi: quello di adeguatezza alla personalità del minore e alle sue esigenze educative, sancito dall’articolo 1 secondo cui “Il processo deve avere finalità educative e responsabilizzanti”; quello di minima offensività che evidenzia l’esigenza di considerare i rischi per lo sviluppo della personalità del minore derivanti dal suo contatto con il sistema penale e prevede una serie di interventi alternativi al carcere (perdono giudiziale art. 32, non luogo a procedere per irrilevanza del fatto art. 27, prescrizioni art. 20, permanenza in casa art. 21, sospensione del processo e messa alla prova art. 28); quello di de stigmatizzazione, volto a tutelare la riservatezza e l’anonimato rispetto alla società esterna; quello di residualità della detenzione, vista come extrema ratio, che prevede all’articolo 22 la misura della Comunità, intermedia tra il carcere e la permanenza in casa; quello di auto selettività del processo penale, che tende a garantire il primato della esperienza educativa del minore sulla stessa prosecuzione del processo. Il codice penale minorile prevede inoltre le misure di sicurezza (articolo 36) della libertà vigilata (di cui agli artt. 20 e 21 già menzionati) e del riformatorio giudiziario (artt. 22 e 23), così come le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata che vengono concesse tenuto conto della personalità del minore e delle sue condizioni familiari, sociali e ambientali (art. 30). Infine, l’art. 28 del citato codice, prevede l’istituto della mediazione penale minorile, tesa a ricomporre totalmente, o comunque in misura significativa, il conflitto tra l’autore e la vittima del reato, previsione presente anche nella L. 77/20031 . E’ indubbio che la normativa sopra richiamata sia orientata prioritariamente verso le esigenze educative e formative del minore, prevalendo su istanze meramente punitive; tuttavia la recrudescenza della violenza agita dai minori, di cui abbiamo detto in premessa, ci induce a qualche riflessione sulla efficacia del sistema. Crediamo infatti che all’interno di qualsivoglia percorso pedagogico debba essere presente anche il momento punitivo e sanzionatorio, la mancanza del quale può far scattare quel malinteso senso di impunità che facilmente può indurre una personalità immatura a reiterare le condotte devianti. Sulla scorta di quanto detto, non riteniamo percorribili le ipotesi di decarcerizzazione tout court, anche se teorizzate nei confronti dei minori, che devono sicuramente rimanere destinatari di percorsi penali diversi da quelli riservati agli adulti, ma che devono prevedere anche la misura più restrittiva nei confronti degli autori dei reati più efferati, di quelli socialmente pericolosi, di tutti quei soggetti incapaci di agire la benché minima empatia nei confronti del prossimo. La punizione non deve essere mai una vendetta, sia ben chiaro, ma la sua assenza rende sbilanciata ed inefficace l’azione pedagogica nel momento di rottura generato dalla condotta deviante e dal reato. All’interno di questo scenario, è chiaro che gli istituti minorili devono essere profondamente migliorati, in modo tale che la qualità delle attività destinate ai ragazzi e i fondi disponibili per le stesse, l’idoneità delle strutture e degli spazi che li ospitano, il numero degli operatori presenti, lo scambio quotidiano con la comunità esterna e con le famiglie, ove presenti, tutto questo contribuisca a rendere il percorso penale intramurario meno doloroso e più fecondo per quei giovani che si sono resi autori dei reati più gravi. In questa direzione rivolgiamo la nostra richiesta alle SS. LL., affinché il sistema penitenziario minorile sia sempre più adeguato alla normativa che lo disciplina, e non resti viceversa negletto e con un carattere meramente residuale all’interno del complesso panorama della esecuzione penale riservata ai minori.

Il Coordinatore Nazionale Paola Saraceni 347.0662930 fsi.funzionicentrali@usaenet.org