TURNOVER INVARIATO E PROROGA DI UN ALTRO ANNO AL BLOCCO DEL CONTRATTO

A distanza di pochi giorni da una sudata conquista, ecco che, per il pubblico impiego, arriva la doccia gelata della legge di stabilità. La norma finanziaria che regola il bilancio dello Stato per i prossimi tre anni, ha riservato il suo lato negativo al settore della pubblica amministrazione, e in particolare ai dipendenti, in attesa di novità, principalmente sul perdurare della situazione di stallo contrattuale. Sull’onda dei decreto che promette di salvare decine di migliaia di precari negli enti e nelle società pubbliche di tutta Italia, da qui al 2016, l’attesa dei lavoratori della macchina statale era rivolta, infatti, all’ambito della contrattazione collettiva, in fase di stallo prolungato fino a fine 2013. Invece, le previsioni del governo per la legge di stabilità presentata ieri in Consiglio dei ministri, sono fosche per l’apparato su cui si sorregge l’amministrazione: nessuno sblocco dei contratti anche per il 2014, con tanto di allargamento degli enti all’elenco Istat, incluse naturalmente le partecipate o in house. Insomma, non potevano esserci notizie peggiori per gli statali, che attendevano lo sblocco delle norme che regolano il proprio rapporto di lavoro e la propria busta paga e, purtroppo, si trovano di fronte altri 12 mesi di buio pesto. Oltre ai vari benefit già ridotti con gli ultimi interventi, in particolare la spending review 2012 – si ricordi la stretta sui buoni pasto – ora la legge di stabilità in procinto di arrivare in Parlamento postula anche la cancellazione dell’indennità di vacanza per il biennio 2013-2014. Nessuna novità, in aggiunta, anche sul turnover della pubblica amministrazione, che avrebbe dovuto completare proprio la riforma dell’intervento sui precari, agevolando il passaggio di consegne tra lavoratori in uscita e nuove leve degli uffici statali. Invece, fino al 2018, si avrà il blocco anche dell’avvicendamento tra vecchi e nuovi lavoratori, secondo le proporzioni già vigenti: per il 2015, dunque, le assunzioni saranno ferme al 40% dei ritiri del 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017. Straordinari. Infine, il capitolo del pubblico in legge di stabilità sancisce come la retribuzione delle ore di straordinario debba essere limitata agli organici dell’amministrazione, della società partecipata, in house o controllata, con avvio dei trattamenti dal prossimo gennaio e il valore del surplus in busta calibrato sul primo presidente di Cassazione.

CUNEO FISCALE: ECCO COME CAMBIA LA BUSTA PAGA

Dieci miliardi a lavoratori e imprese, ma le detrazioni Irpef portano solo 15 euro in più

Era il punto principale con cui veniva annunciata al legge di stabilità 2014: il taglio del cuneo fiscale veniva promesso come una rivoluzione per dipendenti e datori di lavoro, che avrebbe dovuto portare, ai primi, un gruzzolo in più in busta paga e, ai secondi, un risparmio considerevole nel versamento dei contributi. Le risorse che il governo ha stanziato per il taglio del costo del lavoro ammontano nel complesso a 10,6 miliardi di bonus promessi a lavoratori e imprese nel prossimo triennio. Cinque miliardi andranno a rimpolpare gli stipendi dei dipendenti e gli altri 5,6 miliardi di euro finiranno a ridurre le tasse pagate dalle imprese. Per il solo 2014, saranno 2,7 i miliardi destinati a tagliare il cuneo fiscale, di cui un miliardo e mezzo alle detrazioni Irpef per le fasce medio basse. L’operazione del governo finalizzata a aumentare il reddito dei contribuenti e ridurre il carico per le imprese, si dipana infatti su due direttrici: la detrazione Irap per i dipendenti e la deduzione Irap rivolta ai nuovi assunti. Per la prima categoria, si registra un incremento degli sconti Irpef, così come previsto dall’articolo 13 del Tuir, per i redditi che non vadano al di sopra dei 55mila euro annui. Diversamente, le deduzioni Irap verranno riconosciute a quelle aziende che assumeranno nei propri organici nuovi lavoratori a tempo indeterminato, per un tetto massimo del bonus fino a 15mila euro annui. Insomma, sul fronte detrazioni, il governo ha deciso di adottare una linea ispirata alla cautela: infatti, va infatti ricordato come, a cambiare sia essenzialmente il valore di base previsto, che da 1520 euro passa a 1338, con abolizione dei gradini tra 10 e 50 euro che, nella fascia 24-28mila euro, facevano scalare le varie fasce reddituali, riferimento per gli sconti. Dunque, il valore del bonus in busta paga cambia a seconda del reddito lordo del contribuente e si conferma nei 15 euro mensili denunciati dalle associazioni che hanno svolto i primi calcoli, nei confronti di chi dichiara meno di 15mila euro.

PENSIONI

Contributo di solidarietà per le pensioni d’oro e salvaguardia per altri 6mila esodati dalla legge Fornero

La legge di stabilità 2014 non è solo il rendiconto dello Stato che, per una volta, sembra aver ridotto al minimo i tagli ai servizi, dopo il braccio di ferro sulle riduzioni di finanziamento al sistema sanitario, passate in poche ore da 4 miliardi a zero. Tra le pieghe della nuova legge di bilancio, sono state inserite diverse novità anche in riferimento alle pensioni e al comparto welfare, che comprende, naturalmente, anche l’esercito degli esodati. In un primo momento, sembrava che il governo avesse intenzione di introdurre nella legge di stabilità per il prossimo triennio la possibilità, per gli ex lavoratori over 62 e con 35 anni di contributi, che al momento dell’entrata in vigore della riforma Fornero si trovassero in stato di congedo per assistere un familiare malato, di poter accedere a un pre-assegno ponte, fino al momento della maturazione dei requisiti come previsti dalla legge 2011. Poi, nel testo definitivo, questa norma è stata esclusa, ma altre novità sono arrivate su salvaguardie e pensionati. Intanto, cominciamo dagli esodati: la legge di stabilità 2014 prevede la tutela di altri 6mila ex lavoratori che si sono trovati esclusi dai trattamenti pensionistici. La copertura verrà assicurata da un prelievo sui redditi previdenziali che passano i 100mila euro annui. Quindi, interessanti modifiche anche alla normativa sulle pensioni. Come annunciato dal ministro Giovannini, non è stata varata nessuna controriforma Fornero, dunque l’impianto di requisiti resta invariato, ma vengono introdotti alcuni correttivi con l’obiettivo di ridurre il divario tra assegni minimi e pensioni elevate In primis, infatti, viene stabilito il blocco della rivalutazione automatica dei trattamenti oltre i 3mila euro mensili, per tutti i 36 mesi a cui la legge di stabilità si riferisce – dunque entro fine 2016 – mentre per tutte le altre viene attivata una riduzione commisurata all’entità dell’importo. In seguito, arriva il nuovo ticket sulle pensioni al di sopra dei 100mila euro, che prevede un pagamento del 5% per la quota al di sopra dei 150mila, il 10% per quella oltre i 200mila e il 15% per le cifre ancora superiori. Infine, altre modifiche che riguardano il settore pensionistico, sono l’indennità di accompagnamento a chi ha più di 65 anni: sarà sufficiente avere un reddito Irpef inferiore a 65mila euro, o 80mila se sposato. Da ultimo, al posto dei versamenti annui del 12% sui consumi intermedi riferiti al 2010, gli enti privati pensionistici potranno evitare le maglie della spending review.

SPARISCONO IMU E TARES MA NASCE IL TRISE

SARÀ IL TRISE LA SERVICE TAX CONTENUTA NELLA LEGGE DI STABILITÀ 2014: AL SUO INTERNO, TARI E TASI

La legge di stabilità per il triennio 2014-2016 è stata approvata dal Consiglio dei ministri, secondo la tabella di marcia suggerita dall’Europa, che auspicava l’ok entro il 15 ottobre alla manovra di bilancio statale. Richiesta esaudita: a pochi minuti dalla mezzanotte il governo ha detto sì al testo da 27 miliardi in 3 anni, che porta in dote nuove tasse – almeno nel nome – riducendo però la pressione fiscale. E’ questa la rivendicazione del premier Enrico Letta: l’indice della tassazione sui contribuenti italiani, dopo anni di trend crescente, comincia a scendere sotto il 44% per effetto delle misure introdotte nella legge di stabilità “Niente tasse né tagli in sanità”, ha annunciato il primo ministro. Ma è davvero così? Innanzitutto, analizziamo il capitolo Imu e Tares. Come noto, i due tributi hanno le settimane contate, per effetto dei provvedimenti in via di approvazione in Parlamento, in particolare il decreto di abolizione dell’Imu, al cui interno si trova l’impegno all’istituzione di una nuova Service Tax, che inglobi anche la tariffa sui rifiuti. Ora, finalmente, la Service Tax ha finalmente un nome: si chiama Trise, o tributo sui servizi, il quale si dividerà, a sua volta, nelle due branche del Tasi e del Tari, il primo sui cosiddetti servizi indivisibili dei Comuni, mentre il secondo riguarderà il volume di rifiuti prodotto. In questo modo, il governo ha ottenuto l’obiettivo di differenziare il contenitore del Trise, in modo da consentire a proprietari degli immobili e inquilini di pagare ciascuno la propria quota in commisurazione ai servizi usufruiti. Così, la Tari altro non sarà che una tariffa dipendente dalla superficie in passato utilizzata come indicatore della Tarsu, che poi verrà puntualmente bilanciata sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti. La Tasi, che prenderà il posto dell’Imu e si riferirà agli stessi criteri di applicabilità e imponibilità, resterà un tributo, con aliquota dell’1 per mille che potrà essere innalzata dai singoli Comuni fino al massimo del 6 per mille. Diversamente da quanto anticipato nei mesi scorsi, però, l’Imu non andrà in soffitta: la sua imponibilità resterà tale per le case di lusso e sulle seconde case. Insomma, a conti fatti, l’abolizione resterebbe solo parziale, per quelle fasce già esentate dalle rate di giugno e dicembre 2013.

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