La famiglia che ha un solo reddito paga una imposizione fiscale maggiore di quella dove lavorano marito e moglie con redditi ciascuno inferiori al minimo imponibile. Questo avviene, per onor di cronaca, non soltanto in Italia ma anche per esempio in Gran Bretagna, in Svezia o paesi più vicini a noi come l’Austria.
In Italia ciò avviene dal 1976 quando, per effetto di una sentenza, la Corte Costituzionale dichiarò illegittimo il cumulo dei redditi tra coniugi, proprio nel momento in cui la riforma di famiglia si fondava invece sulla “unità economica” della stessa. In seguito la Corte italiana cercò di porre rimedio con più sentenze sollecitando il Parlamento a riformare la tassazione con più attenzione alla composizione economica della famiglia, ma senza sortire il benché minimo effetto. Nessuna riforma in tal senso è mai stata avviata anche se da più parti politiche proposte sono state avanzate. Non se ne è fatto niente per la semplice ragione data dal calo di gettito nelle casse erariali che una riforma del genere comporterebbe.
La faccenda si riaccende ora anche in Italia (ma non solo) in quanto recentemente la Corte Costituzionale francese ha dichiarato che una legge tributaria che pone una discriminazione tra famiglie, quelle cioè a monoreddito e le altre, è del tutto incostituzionale. La disparità di trattamento, condannata ora in Francia, vale anche per l’Italia che non può stare a guardare. In Francia infatti esiste il “foyer fiscal”, il “nucleo fiscale”, vale a dire l’entità familiare che può risultare: una persona sola (non coniugata, vedova, separata, divorziata), una coppia coniugata (indipendentemente dal tipo di regime matrimoniale), persone legate da un’unione di fatto (patti civili di solidarietà, per esempio, ma anche dello stesso sesso); tutti questi più le persone che sono a loro carico.
Ora, come si diceva poc’anzi, l’Italia non può stare a guardare ed ignorare il “quoziente familiare” in quanto ciò che sembra certo è che, visto il fine della comunità europea di garantire la libera circolazione dei lavoratori, la regola del quoziente non sembra indifferente. L’Italia, insomma, non ha soltanto dettami europei ai quali deve stare attenta ma anche vincoli scritti nella nostra Costituzione: l’art. 3 che sancisce pari dignità a tutti i cittadini che sono uguali di fronte alla legge, anche fiscale, e l’art. 53 che impone a tutti noi di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Ugual misura quindi a parità di redditi familiari.
Dipartimento FSI
Responsabile Stefano Castagnola
articolo curato da Dario Nordio