Carceri di nuovo nell’occhio del ciclone, questa volta a Bari, dove sono indagati in quindici, tra personale di polizia penitenziaria e personale sanitario, con accuse che vanno dalla tortura in concorso per tre di loro finiti agli arresti domiciliari

(per aver agito “una coercizione fisica gratuita e non indispensabile” secondo quanto dichiarato dal gip del Tribunale di Bari), fino al falso ideologico e materiale, omissione di atti d’ufficio, omessa denuncia e violenza privata. Il tutto si sarebbe verificato lo scorso aprile, in danno di un detenuto 41enne con problemi psichici, che sarebbe stato picchiato dopo aver incendiato il materasso in sua dotazione. Il grave episodio testimonia l’esplosività della situazione all’interno dei nostri istituti penitenziari, ove le condizioni di lavoro del personale e quelle di vita dei ristretti sono ormai al limite. In riferimento alla Puglia, regione in cui si sarebbe verificato l’episodio citato, il sovraffollamento raggiunge il 134%, ben oltre la media nazionale del 107%, mentre il personale di polizia penitenziaria assomma a circa 1.900 unità, a fronte di un organico previsto di 2.400; sempre nella regione, si sono registrati nel 2022 ben 6 suicidi (il dato nazionale è di 70 suicidi, 4 dei quali sono di personale di polizia penitenziaria), a conferma che il disagio non riguarda soltanto la popolazione ristretta. Se nella nostra analisi ricomprendiamo aggressioni, minacce, lesioni in danno del personale, i numeri crescono vertiginosamente, con una frequenza ormai giornaliera. Siamo convinti che è necessario fare piena luce sull’episodio citato in premessa, e perseguire gli eventuali responsabili, ma è altresì indispensabile intervenire sulle condizioni di lavoro del personale, oggi al di sotto della minima soglia di dignità e sicurezza prevista dalla normativa. L’episodio di Bari ha evidenziato le gravissime conseguenze di una scelta scellerata, quale fu quella di trasferire le competenze della sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia a quello della Sanità (oggi Salute), azzerando di fatto il patrimonio di conoscenze ed esperienze specifiche del personale medico penitenziario; ancor più grave è stata la scelta, meramente ideologica, di chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari, creando le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) dipendenti dalle Regioni, che hanno carattere esclusivamente sanitario, senza la presenza di polizia penitenziaria, e che sono assolutamente inadeguate a gestire i soggetti più pericolosi, che vengono gioco forza tradotti in carcere, dove la loro gestione è altrettanto problematica. La presenza di detenuti psichiatrici rappresenta oggi una delle più gravi emergenze del carcere, che va ad aggiungersi al sovraffollamento, di cui si è detto, ed alla cronica carenza di personale, sia di polizia penitenziaria che dell’area trattamentale: tutto ciò rappresenta una pericolosa miscela, pronta ad esplodere alla prima occasione, come i fatti di Bari stanno a dimostrare. Chiediamo allora un intervento immediato, volto a ridurre queste criticità attraverso l’incremento degli organici del personale; la riduzione del sovraffollamento, da realizzarsi attraverso l’incremento delle misure alternative e la stipula di accordi internazionali per far scontare la pena nel loro Paese di origine a tanti detenuti stranieri; la previsione di strutture adeguate alla gestione ed alla cura dei soggetti autori di reati, socialmente pericolosi, non gestibili all’interno del carcere né delle strutture attualmente presenti sul territorio nazionale. Nel porgere i più cordiali saluti, questa OS rimane in attesa di un incontro con una nostra delegazione.

IL COORDINATORE NAZIONALE Salvatore Sardisco Cell. 333/1635995 salvosardi@gmail.com