Al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ai Sottosegretari di Stato al Ministero della Giustizia

Signor Ministro,

il recente episodio verificatosi nel carcere femminile di Roma Rebibbia dove una detenuta straniera ha ucciso in modo terribile i suoi due figli che condividevano con lei la detenzione sulla scorta di una legge, certamente discutibile, che questo consente nell’ottica di non separare le madri detenute dai figli minori di tre anni, ha fatto riemergere in tutta la sua gravità la situazione che si vive nelle nostre carceri.
Abbiamo già stigmatizzato, e insistiamo su questo, sulla sua gravissima decisione di sospendere dal servizio i vertici dell’istituto, prima ancora che la relativa inchiesta ministeriale avesse avuto tempo e modo di accertare eventuali responsabilità: per questo le chiediamo l’immediata revoca di tali provvedimenti.
Non conosciamo ovviamente i dettagli di questo ennesimo dramma, ma conosciamo molto bene, per una lunghissima esperienza professionale diretta, il pianeta carcere, ed in particolare proprio la casa circondariale femminile di Roma Rebibbia, ove opera personale dotato di una non comune professionalità e di un senso di umanità che trasforma a volte quella che è appunto una professione in una vera e propria missione.
I problemi delle carceri, e più in generale della giustizia, sono molti e profondi: la carenza di personale in primis, che rende il lavoro della polizia penitenziaria e quello degli operatori del trattamento spesso improbo e sterile, laddove non è possibile garantire le opportunità di reinserimento ai ristretti (lavoro, formazione professionale) e il personale non ha modo di arrivare ad una vera conoscenza degli stessi, a causa della sproporzione tra il numero dei ristretti e quello degli operatori.
Occorre destinare i detenuti più meritevoli e quelli comunque che manifestano reali motivazioni al cambiamento a percorsi di detentivi realmente risocializzanti, fondati sull’attività lavorativa e di formazione professionale e sull’applicazione progressiva di forme di esecuzione penale esterna, mentre per gli altri sarebbe opportuno riaprire gli istituti sulle isole ed aumentare le colonie agricole, per far scontare loro le lunghe pene inflitte in modo più adeguato, lontani dall’ozio ma sul presupposto fondamentale della certezza della pena, baluardo insormontabile del diritto penale.
La deflazione della popolazione carceraria dovrà proseguire sulla scorta degli accordi da stipulare per far scontare la pena agli stranieri nei loro Paesi di origine: è intollerabile che mentre si dibatte sulla opportunità o meno di far entrare migliaia di migranti nel nostro Paese, circa un terzo della popolazione detenuta sia straniera, permettendo così ai peggiori tra tutti (in quanto autori di reati, spesso anche molto gravi e ripugnanti) di soggiornare per anni nei nostri istituti, a nostre spese, salvo poi dare esecuzione a espulsioni che spesso non vanno a buon fine.
Anche l’azzeramento della medicina penitenziaria con l’attribuzione delle sue competenze alle ASL ha dissipato un patrimonio di professionalità immenso, creando squilibri e ritardi nella erogazione del servizio con conseguenze talora anche tragiche, come la vicenda di Rebibbia femminile sembrerebbe indicare, laddove tempi immediati di prognosi ed intervento avrebbero (forse) potuto evitare il peggio.
Presupposto indefettibile della riforma penitenziaria deve essere la riforma del personale, da inquadrare tutto all’interno del comparto sicurezza con la confluenza nei ruoli tecnici della polizia penitenziaria degli appartenenti al comparto funzioni centrali, adeguando gli organici al numero delle presenze e alle reali esigenze di una detenzione che coniughi realmente sicurezza e trattamento, espiazione e risocializzazione.
Parallelamente va rivisitato l’ordinamento professionale del personale giudiziario, le cui croniche carenze negli organici hanno determinato la quasi paralisi del sistema: ridefinizione dei profili professionali, livellati verso l’alto, al fine di supportare il lavoro dei magistrati attraverso la informatizzazione completa dell’intero iter processuale, unica soluzione che permetterà lo smaltimento dell’immensa mole di lavoro arretrato e di quello futuro.
Le chiediamo pertanto di prevedere quanto evidenziato nell’applicazione del suo recente atto di indirizzo, all’interno del quale non ci è sembrato cogliere quel cambiamento tanto enfatizzato, mentre le sue decisioni più recenti (Rebibbia docet) hanno l’amaro sapere della peggiore restaurazione.
in conclusione, con riferimento al prossimo incontro con le oo. ss. programmato per l’11 ottobre, chiediamo la discussione dei seguenti punti all’ordine del giorno:

sottoscrizione dell’accordo sulle progressioni economiche anno 2018;
sottoscrizione dell’accordo sui criteri di pagamento del FUA 2017
politica degli organici – piano triennale del fabbisogno di personale ed attuazione del piano assunzioni autorizzato nei vari Dipartimenti (scorrimenti graduatoria assistenti giudiziari e bando per l’assunzione di 300 operatori)
bandi di mobilità del personale
bando per il transito degli ausiliari DOG in area seconda;
scorrimento graduatorie ex art.21 quater L. 132/2015;
bandi ex art.21 quater riservati ai contabili, gli assistenti informatici e linguistici;
convocazione incontro sulle problematiche afferenti gli ufficiali giudiziari;
calendarizzazione incontri sulle problematiche del personale degli altri Dipartimenti (penitenziario, giustizia minorile e di comunità, archivi notarili).

Distinti saluti.

Il Coordinatore Nazionale FSI-USAE F.C.
Paola Saraceni
347.0662930