Ogni volta che questa organizzazione riprende la propria campagna per la promozione delle professioni sanitarie del comparto e si discute di competenze e di ruolo per le altre professioni sanitarie i medici non sanno far altro che attaccare pretestuosamente.
Non abbiamo nemmeno fatto in tempo a chiedere di dare attuazione alla legge di stabilità dello scorso anno che pochi giorni dopo, sulla questione, si è riaperto uno scontro che ha coinvolto l’ordine dei medici di alcune province dell’Emilia Romagna ed alcuni loro iscritti, colpevoli di aver redatto documenti che attribuiscono agli infermieri del 118 la prescrizione e la somministrazione di farmaci. E subito sono partite le bordate Autorevoli esponenti del mondo medico hanno affidato alle pagine dei principali quotidiani online le proprie opinioni in merito (che qui evitiamo di riproporre perché ormai trite e ritrite).
E’ una storia vecchia. Ci rammentiamo tutti della vicende di oltre venti anni fa quando nei laboratori ospedalieri si pretendeva che – di notte – fossero i Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico a fornire i reperti diagnostici direttamente ai medici di reparto o di pronto soccorso mentre i sigg. dirigenti dormivano sonni profondi nel letto di casa propria. Reperti che senza alcun altro intervento venivano trasformati in referti il giorno successivo a terapia già conclusa. Così come la medesima cosa avveniva in tutti i centri ortopedici di pronto soccorso dove le Immagini radiologiche erano di esclusiva pertinenza dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica. E gli stessi medici hanno levato gli scudi con la medesima solfa anche all’alba dell’adozione dei profili professionali quando di fronte al TAR Lazio abbiamo dovuto difendere tutti i decreti di istituzione dei profili contro i ricorsi per l’annullamento proposti dalle organizzazioni mediche che gridavano all’imminente pericolo per la salute pubblica.
E ancora oggi è così: “Nessuno ce l’ha contro gli infermieri. Me se vogliono compiere determinati atti, va stabilito per legge che abbiano la giusta formazione e la giusta attribuzione di responsabilità per farlo” è quanto avrebbe affermato il presidente di uno degli ordini dei medici coinvolti nella vicenda, asserendo anche “non è giusto che la colpa di un eventuale decesso o addirittura di un eventuale errore compiuto da un infermiere debba comunque ricadere sul medico, unico vero responsabile dell’assistenza”.
Sono affermazioni anacronistiche, semplicistiche e fuorvianti, in un moderno sistema sanitario la salute è garantita da più professionisti che, ciascuno per la propria parte, studiano, valutano progettano e lavorano in equipe.
Affermazioni che non tengono conto del fatto che i percorsi formativi delle professioni sanitarie, siano esse mediche o tecniche o infermieristiche, sono oggi molto vicine e molto simili.
Tutta la nostra solidarietà ai colleghi infermieri del 118 dell’Emilia Romagna che hanno il solo difetto di lavorare bene.
È infatti arcaico ed anacronistico arroccarsi in un passato che non c’è più, dietro una storia professionale medica che nessuno vuole cancellare ma che nella discussione legislativa odierna conta pochissimo; sottolineare in questo modo le proprie prerogative significa porsi alla stregua dell’ultimo disperso giapponese che continua a combattere una guerra che è finita da decenni; ma che, evidentemente, per qualcuno vale ancora la pena di essere combattuta. Lo abbiamo sostenuto in più occasioni e lo ripetiamo non ci fa paura chi la pensa così; la storia è dalla nostra parte.
La ridefinizione dei ruoli nella sanità è un fatto ineluttabile che i medici lo vogliano o meno.
Noi siamo per una sanità senza padrini e senza padroni. Noi desideriamo una sanità differente, che dia il giusto peso agli operatori e che sia percepita dai cittadini come un valore aggiunto. Una sanità universale e alla portata di tutti i cittadini senza distinzioni di classe sociale. Un sistema sanitario al contempo, nazionale, regionale e locale: nazionale nelle garanzie, regionale nelle programmazione, locale nell’erogazione dei servizi. Che eroghi le prestazioni secondo i LEA approvati a livello nazionale e monitorati a livello regionale, al fine di consentire a tutti i cittadini lo stesso tipo di prestazioni.
Noi vogliamo l’azzeramento delle consulenze e delle esternalizzazioni ma anche l’adeguamento degli stipendi al costo della vita con standard europei. Chiediamo di avere l’infermiere di famiglia, in regime di convenzione, per la garanzia della cura dei cittadini nel proprio ambito familiare. E anche l’inquadramento contrattuale nell’area della dirigenza e l’abolizione dell’articolo 53, comma 1, del Dlgs 165/2001, per le professioni sanitarie di cui alla legge 42/1999 e 251/2000.