I nuovi contratti del pubblico impiego (in realtà il rinnovo riguarda il triennio 2019-2021) non hanno riservato alcun miglioramento alla condizione della donna in qualità di lavoratrice, madre, caregiver.  

Un esempio di marcia indietro è la modalità della concessione sul lavoro agile, che ora a pandemia finita, è riconosciuto secondo la discrezionalità dei singoli dirigenti, penalizzando in primis proprio le lavoratrici, alle quali la modalità lavorativa “smart” , consentiva di gestire i figli minori con riferimento agli orari delle loro attività scolastiche e sportive, ma anche i tempi di cura nei casi di familiari anziani non autosufficienti.

 Del resto, I dati e le statistiche degli stessi Ministeri dimostrano come, durante l’applicazione massiva dello smart working nel corso della pandemia, non vi siano state contrazioni del livello qualitativo dei servizi pubblici, a parte il rallentamento generale che ha riguardato, comunque, tutti gli aspetti della vita dei cittadini durante i lunghi periodi di lockdown.

Nello stesso tempo l’attuale crisi economica, con l’impennata dei prezzi che sta mettendo in ginocchio milioni di famiglie, sta evidenziando ancora di più le gravi lacune del nostro Stato sociale e il peso maggiore di queste disfunzioni ricade, in maniera ormai endemica, sulle donne, attesi i molti ruoli dalle stesse, ricoperti all’interno della nostra società.

Si parla tanto di parità di genere e ruolo delle donne, un dibattito scoppiato all’inizio dello scorso secolo e mai sopito. Tanto è stato fatto, almeno in superficie, al punto da sembrare quasi superfluo ribadire il concetto che le donne abbiano pari diritti e pari opportunità degli uomini.

Eppure dalle cronache quotidiane sappiamo che ai progressi culturali non sono seguiti i fatti, se ancora sono tanti i femminicidi, se la disparità di reddito nelle stesse posizioni lavorative è ancora grande, se i ruoli apicali o manageriali sono di fatto riservati agli uomini, se la povertà è più forte tra le persone anziane di sesso femminile che di quello maschile.

 Per il prossimo futuro, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite fissa al quinto posto tra i propri obiettivi per lo “sviluppo sostenibile” il raggiungimento effettivo della parità di genere.

Ma il quinto obiettivo dell’agenda è in realtà l’obiettivo strategico e cruciale per il conseguimento di tutti gli altri. Nel secolo scorso molto è stato detto sulla uguaglianza di genere, una presenza femminile che sia responsabile e decisionale, effettiva e indipendente, rispettata ed accolta, può essere la strada per un nuovo sguardo sul mondo, sulla natura, sull’economia, sulla società, sulla vita, capace di correggere molte di quelle storture, create da uno sguardo solo maschile, e quindi parziale, che hanno portato ad un progresso accelerato, ma umanamente insostenibile.

Il Women 20 del G20 di Nusa Dua nella dichiarazione finale, individua le azioni per migliorare quantità e qualità del lavoro femminile. Mette al centro l’empowerment   (  emancipazione – valorizzazione – rafforzamento – potere – autonomia – legittimazione – diritti – ruolo  – promozione)  delle donne, la cui realizzazione richiede lo sviluppo dei servizi sociali e il superamento degli stereotipi sul lavoro.

 A marzo 2022 l’Europa ha elaborato la propria strategia per assicurare entro il 2025 il raggiungimento dell’obiettivo in tutti i settori dell’Unione Europea. Le tre azioni chiave della strategia europea si possono riassumere nella lotta alla violenza sulle donne, nella possibilità per le donne di raggiungere posizioni apicali nel mondo lavorativo, della politica e nell’adozione della prospettiva di genere in tutti i provvedimenti normativi.

Troppo spesso a livello mediatico si esalta la questione della parità di genere, contando i numeri sempre crescenti delle donne nel mondo del lavoro, nei ruoli di spicco, nell’imprenditoria e nella ricerca.

Ma, se le donne occupate nella professione o nel mondo del lavoro, o in politica, hanno quasi raggiunto il numero degli uomini, la qualità della loro partecipazione resta spesso sostanzialmente diversa. Non solo quando permane una significativa differenza retributiva a pari livello formativo e di posizione, ma anche nella più rosea situazione, in cui la donna raggiunga la posizione apicale, resta pur sempre un gap di qualità: la percezione culturale della presenza attiva delle donne nei luoghi dove si assumono decisioni non è ancora sentita, infatti, come una necessità per il bene comune.

In Italia, l’arrivo di una donna al vertice di un’istituzione è salutato con favore dall’opinione pubblica, quasi a dire “ce l’ha fatta”, ma la circostanza non viene quasi mai presentata come un reale vantaggio per l’interesse pubblico. La sensazione è che ci si senta appagati dai numeri crescenti come ad aver fatto bene un esercizio, ma senza aver capito il bisogno profondo dello sguardo delle donne nelleconomia, nella società, nella politica.

L’ex Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, nell’ambito dell’evento “Women’s” al Padiglione Italia  Expo 2020 – Dubai, in occasione della Giornata internazionale della Donna, affermava  “Di fatto, l’elezione o la nomina di una donna a capo di un’istituzione fa ancora notizia”.

Un’affermazione, che rende l’idea della strada che ancora resta da percorrere a livello sociale.

È interessante riprendere la citazione: “i valori di cui le donne sono portatrici non sono sufficientemente riconosciuti e apprezzati anche dalle stesse donne”.

A volte, anche per alcune donne, la questione dell’emancipazione, rimane un problema di conquista di diritti individuali e non, piuttosto, di rivendicazione di doveri sociali.

Non è più in gioco solo una questione di diritti di una parte del genere umano, ma di responsabilità da condividere insieme per un futuro migliore.

Per riassumere : In primis, emerge con evidenza l’enorme gap occupazionale a favore della popolazione maschile, pari a circa il 18%;  pesantissima poi è la situazione delle lavoratrici madri che, quando riescono ad essere assunte, devono conciliare i tempi di lavoro con la cura e l’educazione dei figli, spesso avuti in età avanzata proprio a causa dei lunghi tempi necessari a trovare un impiego, e che difficilmente potrebbero essere seguiti dai nonni, costretti a lavorare fino ai 67 anni ed oltre a causa delle riforme peggiorative dei trattamenti pensionistici; l’alternativa, per queste madri con figli piccoli, potrebbe essere una scuola a tempo pieno, di difficile realizzazione però, vista la carenza di posti.

A tutto ciò, non di rado, sulle spalle delle donne lavoratrici  con figli minori va ad aggiungersi l’incombenza di prendersi cura dei familiari, anziani e malati, che lo Stato sociale non è in grado di assistere, mentre l’alternativa sarebbe ancora una volta una struttura privata, troppo costosa per la maggioranza delle famiglie.

 L’insieme delle criticità appena descritte contribuisce in maniera non trascurabile al fenomeno del crollo della natalità, che ha toccato al 31 dicembre 2021 la soglia più bassa dall’Unità d’Italia, con un numero di nuovi nati per la prima volta sotto i 400mila (399.431 bambini iscritti all’Anagrafe, dato ufficiale ISTAT).

Infatti, sempre più giovani rinunciano a formare una nuova famiglia, e ancora meno a mettere al mondo figli, all’interno di uno scenario caratterizzato da incertezza ed instabilità.

Ma, è pur vero e, soprattutto, incoraggiante che i dati statistici sulla parità di genere in settori come Il Consiglio nazionale forense, (CNF), Consiglio superiore della magistratura (CSM)  etc. registrano  un  trend della presenza femminile in crescita.

Un trend che indica la speranza di un cambiamento: l’aver abbandonato finalmente i vecchi stereotipi sulle “carriere più adatte agli uomini, e per aver saputo rompere il “tetto di cristallo” delle posizioni apicali.

 E ‘dunque evidente come le donne siano il motore trainante di questa nostra società, e siano allo stesso tempo meno protette e tutelate degli uomini, soprattutto nel mondo del lavoro.

 La stessa legge 28 novembre 2005, n. 246   all’art. 1 afferma il  : “Divieto di discriminazione e parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini, nonché integrazione dell’obiettivo della parità tra donne e uomini in tutte le politiche e attività” e all’articolo 6 stabilisce il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.

 Ne consegue che occorre un cambiamento strutturale e culturale.

“È il momento di agire, con riforme strutturali del welfare, del sistema degli investimenti e della scuola”

Ma per realizzare questo cambiamento, per certi versi epocale, è indispensabile che i servizi pubblici si rendano immediatamente disponibili in modo strutturale. Il maggiore spazio che le donne potranno trovare nel mondo del lavoro dipendente, delle professioni, della politica attiva, è direttamente proporzionale allo sviluppo futuro delle reti di servizi per l’infanzia, la terza età, della sanità, della scuola, strutture per anziani, misure per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile, formazione e valorizzazione, politiche specifiche per i più vulnerabili come le donne disabili etc.

Inoltre, occorre un nuovo sguardo sul mondo, sulla natura, sull’economia, sulla società, sulla vita, capace di correggere molte di quelle storture, create da uno sguardo prevalentemente maschile sul mondo, e quindi parziale, che hanno portato ad un progresso accelerato, ma umanamente insostenibile.

In realtà, nonostante la condizione della donna oggi in Italia sia migliorata, il percorso da fare è ancora lungo e tortuoso.

 L’Italia, incalzata dall’Europa, deve quindi muoversi a grandi passi verso il 2025, anno in cui secondo il programma europeo dovrà essere definitivamente raggiunta la parità di genere in tutti i settori.

Tutto questo dovrà rappresentare sicuramente un obiettivo prioritario della politica dell’attuale Governo che ha già dato segnali che vanno nella direzione giusta, tant’è che la manovra finanziaria 2023 approvata dal Consiglio dei ministri il 22 novembre u.s.  stabilisce misure per le donne e le famiglie. Tra queste:

  • l’aumento di un mese di congedo parentale remunerato all’80% e non più al 30%;  
  • L’aumento dell’assegno unico per le famiglie che prevede per il 2023 una maggiorazione del   50% e di un ulteriore 50% per le famiglie composte da 3 o più figli.
  • Conferma l’assegno per i disabili.
  • agevolazioni sulle assunzioni a tempo indeterminato per donne under 36
  • etc

 In questa direzione andranno le nostre richieste ai responsabili della politica nazionale e il nostro impegno per la loro piena realizzazione.

Paola Saraceni