RIPRENDIAMOCI LA CARRIERA!! Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto devi fare qualcosa che non hai mai fatto (Thomas Jefferson) Il mancato riconoscimento dei ruoli direttivi nel pubblico impiego italiano è una questione centrale per chi davvero auspica una radicale riforma della nostra pubblica amministrazione. E vi spieghiamo perché. I “quadri” del pubblico impiego corrispondono oggi ai funzionari della ex carriera direttiva, che prima della privatizzazione avviata nel 1992, esercitavano mansioni di elevata responsabilità. Il loro ruolo corrispondeva, allora come oggi, alla definizione contenuta nella legge 190 del 1985 la quale, modificando l’art. 2095 del Codice civile, ha introdotto nel settore privato tale categoria in cui rientrano “i prestatori di lavoro subordinato i quali, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgano funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa.“ Sono pertanto elementi essenziali di tale profilo la posizione gerarchica (subito sotto il dirigente), l’essere preposto a funzioni di rilevante importanza per l’organizzazione (perseguimento dei fini e delle strategie individuate dai vertici) e lo svolgere tali funzioni con carattere di continuità. Non ci sono dubbi che gli attuali direttori amministrativi (o profili equivalenti) della pubblica amministrazione possiedano tutti i requisiti dei loro omologhi del settore privato. Ma ancora oggi, benché siano passati decenni dalla riforma, la categoria di “quadro” non ha ancora trovato riconoscimento nel sistema di classificazione dei dipendenti pubblici. Dopo aver introdotto nel 2002 l’ipotesi dell’area, cd. della “vicedirigenza” (senza mai avviarne la relativa contrattazione) nel 2012 il legislatore del Governo Monti ha cambiato rotta e ha abrogato la norma istitutiva dell’area, per utilizzare altrove i fondi ad essa destinati. L’organizzazione dei pubblici uffici continua pertanto ad essere fondata unicamente sulla suddivisione tra (pochi) dirigenti e tutto il restante personale cd. “non dirigenziale”: tra queste due categorie, non c’è nulla! La mancata previsione di un inquadramento separato e distinto per le professionalità medio-alte, destinate ad operare con funzioni di “cerniera” fra le due categorie, non solo impedisce l’attuazione del modello organizzativo privatistico e il perseguimento degli obiettivi di efficienza ed efficacia a cui era finalizzata la riforma stessa. Ma si traduce anche in un vulnus dei diritti di tali dipendenti, costretti a svolgere tale ruolo
“di fatto” (essendo collocati al vertice della categoria “non dirigenziale”) ma tutt’oggi privo di un inquadramento professionale in area contrattuale distinta, che consenta tra l’altro una rappresentanza sindacale “effettiva”, oggi carente per l’esiguità numerica rispetto al resto del personale amministrativo. Questa condizione riguarda tuttavia solo i dipendenti pubblici “privatizzati”: perché per il personale militare, quello di polizia e quello della carriera prefettizia il “diritto alla carriera” non ha subito modifiche. In pratica e riassumendo: nel privato e nel pubblico impiego “non privatizzato” il ruolo direttivo esiste ed è riconosciuto, mentre nel pubblico impiego “privatizzato”, no! Impossibile trovare giustificazioni per tale lacuna: in nessun passaggio delle numerose riforme che si sono succedute sul pubblico impiego è dato rinvenire una norma che escluda il modello di classificazione del personale previsto dall’art. 2095 del Codice civile operante per le imprese. Di fatto il personale direttivo nel settore pubblico lavora da anni a valore aggiunto zero rispetto ai colleghi che dirige. Ma non basta! A rendere ancora più grave la condizione di questi lavoratori è intervenuta nel tempo la sostanziale impossibilità di fruire delle progressioni verticali previste, con varie modalità, per tutti i pubblici dipendenti, sia tramite la riserva di posti in sede di concorso esterno, sia in sede di selezione dall’interno, come è avvenuto di recente al Ministero della Giustizia. Tali percorsi, espressamente previsti per “riconoscere e valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti” (art. 24 D.Lgs 150/2009) oppure “al fine di valorizzare le professionalità interne” (art. 22 D.Lgs 75/2017 riforma Madia), non sono attivabili per il personale direttivo apicale dell’area, mancando una disciplina di accesso alla dirigenza riservata a tale personale che assicuri un percorso di carriera su basi meritocratiche, in attuazione dello spirito della Costituzione nonché dei più elementari principi di scienza delle organizzazioni complesse. In questo contesto, è ormai evidente come l’attuale Governo, che si definisce “Governo del Cambiamento” stia ripetendo gli stessi errori di tutti gli altri, incapace di comprendere che i cambiamenti non si possono imporre dall’alto e nessuna riforma sarà mai possibile senza la collaborazione di chi deve attuarla! Nel settore privato tale compito è affidato ai “quadri”, i quali, in contatto sia con la base operativa che con i vertici dell’organizzazione, sono in grado di intercettare le criticità e trasformare in azioni concrete i progetti e gli obiettivi pensati dai vertici. Ma se i “quadri” nel pubblico impiego non ci sono, chi svolge questo ruolo? Recentemente i direttivi apicali dei Ministeri sono stati incaricati delle funzioni di “istruttore” nel procedimento di valutazione del personale a loro affidato: certamente un (primo e formale) riconoscimento del ruolo, con tutte le correlate responsabilità, che però non riceveranno di nuovo alcuna valorizzazione economica, ancora una volta in violazione del diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità del loro lavoro! Nel rivendicare il nostro diritto ad una carriera ed al riconoscimento per le responsabilità che ci sono assegnare da sempre, chiediamo che venga (re)introdotta un’area equivalente all’abrogata vicedirigenza ovvero un’area autonoma delle elevate professionalità. Tale area potrà essere progettata come progressione dinamica di sviluppo professionale, aperta in futuro anche agli altri direttivi in possesso di adeguata esperienza e titoli di studio ed all’esito di idonee procedure selettive, al fine di riportare dentro l’amministrazione pubblica la capacità di cambiare dall’interno. Questo percorso, volto ad ottimizzare le risorse già in servizio, è idoneo a generare efficienza unitamente ad un risparmio di spesa in termini di costi per la dirigenza, che potrebbe essere utilmente sostituita delegando ai QUADRI molte delle attività oggi riservate ai dirigenti per l’assenza di profili adeguati. A conferma di quanto affermiamo, arriva in questi giorni la notizia che gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate sono senza vertici: il 30 aprile è infatti scaduta definitivamente l’ultima proroga concessa per 1.500 posizioni organizzative speciali/temporanee (cd. pos/pot) affidate a dipendenti che, con le mansioni e il ruolo corrispondente a quello di “quadro”, hanno guidato gli uffici centrali e locali dell’Agenzia dopo che la sentenza della Corte costituzionale nr. 37 del 2015 aveva dichiarato illegittimi i funzionari “incaricati” (senza
3
concorso) di ruoli dirigenziali. I funzionari in scadenza verranno sostituiti da altrettante POER (posizioni organizzative a elevata responsabilità) che andranno ad insediarsi come quadri intermedi con le stesse mansioni dei precedenti pos/pot. Tali POER saranno tuttavia attribuite a personale interno, di nuovo senza concorso e molte saranno assegnate agli stessi funzionari decaduti: una vicenda che, oltre ai dubbi di costituzionalità già sollevati da più fronti, apre la strada a nuove disparità di trattamento fra “quadri” di serie A, riconosciuti (formalmente ed economicamente) nel proprio ruolo direttivo e quelli di serie B, a cui questa possibilità è da sempre negata. Due evidenze emergono secondo noi da questo odioso pasticcio: l’importanza anche nel settore pubblico del ruolo dei “quadri” e l’urgenza di istituire l’AREA QUADRI nel pubblico impiego, in quanto unica soluzio-ne in grado di riportare efficienza, legalità e trasparenza nei servizi resi alla collettività. SE VUOI IL CAMBIAMENTO, FAI QUALCOSA CHE NON HAI MAI FATTO!! FIRMA QUESTA PETIZIONE SUL FOGLIO ALLEGATO che rinvierai per e-mail a: fsi.funzionicentrali@usaenet.org