Con la fine d’anno avrà fine anche il sistema previdenziale cui ci eravamo abituati. Infatti con il 2013 definitivamente avrà vigore il nuovo sistema introdotto dal Decreto Salva-Italia: si passerà dal sistema “retributivo e misto” al sistema previdenziale completamente “contributivo”. Un ruolo centrale della riforma lo ha senz’altro l’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita, elemento che potenzialmente darà l’opportunità, anche se nel lontano 2065, di poter lavorare fino ai 75 anni, o meglio fino ai 75 e tre mesi secondo le proiezioni stimate dalla Ragioneria dello Stato.
 
Le conseguenze di ciò sarà sicuramente nel lavoro un difficile scambio generazionale, si creeranno infatti difficoltà da un lato per le aziende licenziare, in quanto impossibilitate prima dell’età pensionabile, dall’altro per i giovani trovare lavoro.
Ma addentriamoci su ciò che cambierà da gennaio. Ricordiamo, prima di tutto, che nel 2012 sono andati in pensione i lavoratori che non rientravano nel campo di applicazione della Riforma Fornero, quelli cioè che avevano maturato i requisiti per il pensionamento prima dell’entrata in vigore del Salva-Italia e che dovevano soltanto attendere che si aprissero per loro i 12 mesi finestra.
Ma con l’anno nuovo le regole della Fornero saranno operative a tutti gli effetti e permetteranno ai lavoratori di rimanere in servizio fino a 70 anni e 3 mesi non correndo il rischio di essere licenziati, ma incentivati oltre che da coefficienti di calcolo più convenienti dal fatto che questo nuovo sistema si basa sulla somma dei contributi versati, più aggiungi più prendi.
Non ultimo poi il fatto che da gennaio avrà luogo lo “scatto di adeguamento alla speranza di vita”, primo di una serie di scatti che si ripeteranno ogni due anni. Questo primo scatto quindi porterà l’età pensionabile più lontana di tre mesi imponendo un requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia di 66 anni e 3 mesi.
Anche per le pensioni “anticipate” vale lo stesso discorso, dal 2013 saranno necessari 42 anni e 5 mesi per i maschi e 41 anni e 5 mesi per le donne.
Lo sviluppo sopra chiarito, l’estensione della vita lavorativa cioè, potrebbe essere necessario per sostenere il nuovo sistema previdenziale, o almeno così ci è stato più volte ribadito dal Ministro. Ma col tempo il mercato del lavoro subirà delle criticità e contemporaneamente sarà messa in discussione l’efficienza del personale anziano che dovrà combattere con inevitabili impedimenti fisici dovuti alla vecchiaia.
Quindi se già una limitata crescita economica sta portando ad una scarsità di posti di lavoro sommeremo col tempo una riduzione progressiva di opportunità lavorative per l’impossibilità delle aziende di fare spazio a nuovi aspiranti.
Ma quale futuro per noi. Soprattutto quale futuro per i nostri nipoti?
Stefano Castagnola