Dal sito della Confederazione USAE.IT

Riprende oggi con una riunione ufficiale (quelle ufficiose si sono tenute in altre sedi)  le trattative per il rinnovo del contratto delle Funzioni centrali (Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti pubblici non economici)  che si vorrebbe chiudere, in ipotesi, prima di natale.  E ancora una volta la bozza, con le anticipazioni su possibili tagli e riduzioni delle tutele, è stata anticipata sui giornali per sminuire il ruolo delle organizzazioni sedute al tavolo. Lo ripetiamo: c’è dell’arroganza in questo comportamento, ma la strategia è chiara: sarà così indipendente da cosa verrà detto ai tavoli. La stretta finale delle trattative è destinata a tradursi in circa 50 euro netti al mese di aumenti (Per un ministeriale medio, che oggi secondo i calcoli dell’Aran guadagna poco più di 28.500 euro lordi all’anno, gli 85 euro lordi si traducono in 50 euro al mese al netto di Irpef e addizionali, e analogo è l’effetto sullo stipendio-tipo del dipendente degli enti pubblici, quasi 41mila euro lordi). A portare verso questa omogeneità di trattamento sono due fattori: da una parte la volontà del  governo di destinare al “tabellare” solo una parte degli aumenti, e dall’altra le richieste sindacali alimentate dal fatto che il contratto in cantiere riguarda un triennio (2016-2018) per due terzi già trascorso e la fretta di chiudere il prima possibile la trattativa, per portare gli aumenti in busta paga in tempo utile per le elezioni e per il rinnovo delle Rsu. La prospettiva è quindi quella di un ritocco in busta paga sostanzialmente uguale per tutti, perché i tempi sono stretti e la pressione per recuperare almeno in parte gli otto anni di congelamento delle buste paga ci sono. Sul tavolo questioni cruciali: aumenti e diritti. La Triplice, dopo patto scellerato del 30 novembre 2016 è alla prova dei fatti e per i famigerati 85 € lordi rischia di svendere i diritti esistenti. Ma i sindacati  autonomi seduti al tavolo avranno le palle di reagire? Staremo a vedere.

Bonazzi, il segretario generale USAE durante il briefing con i coordinatori nazionali di comparto ha dichiarato: <<Ma davvero Governo ed Aran pensano che 50 euro netti di aumento valgano la riduzione dei diritti? E che tutti i lavoratori siano disponibili ad accettarla così: si sbagliano!  Alla fine i nodi arrivano al pettine e per i contratti della P.A. il patto scellerato del 30.11.2016 è condizionante e quindi la partita è difficile,come USAE abbiamo chiarito che il nostro ruolo nella contrattazione nazionale e decentrata non è quello di spettatori e che non svenderemo i diritti dei lavoratori. Anzi abbiamo sempre rivendicato, il recupero del potere di acquisto delle buste paga dei lavoratori p.a. con degli aumenti di 250 euro mensili medi pro capite. Ma non è solo una questione economica, c’è di più. È necessario perseguire il recupero di spazi per le dinamiche professionali e la qualità della vita nei luoghi di lavoro. La nostra filosofia e il nostro approccio sono orientati a sfruttare ogni spazio che la contrattazione consente; più che ad un tavolo lo spazio negoziale, oggi, assomiglia a una trincea. Daremo battaglia in tutte le sedi per ribaltare tendenza che ci è stata imposta dal blocco del 2010 per recuperare il potere di acquisto delle buste paga dei lavoratori. Abbiamo parecchie cose da dire: prima di tutto che i comparti non sono tutti uguali. Ed è giunta l’ora, per tutte le pubbliche amministrazioni, di introdurre nei contratti l’area dei quadri già prevista dal codice civile. Noi lo sosteniamo da molto tempo ma la controparte e le altre organizzazioni non ci sentono. Eppure dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro introdotta della riforma Bassanini  non vi sono ragioni giuridiche oggettive che lo impediscano e, quindi, è solo una questione di volontà delle parti. Parti che si assumeranno la relativa responsabilità all’interno dei contratti. Secondo: i lavoratori delle Funzioni locali (regioni e autonomie locali) non devono pagare gli errori del governo. Le provincie non sono state abolite ma i soldi sono spariti con tutte le conseguenze sui bilanci e sul personale peraltro decimato dai trasferimenti. E per la Polizia locale in attesa di una vera riforma servono risposte precise. Terzo: nella Scuola c’è la media stipendiale più bassa dell’intero settore e questo va corretto. Ma non è il solo problema del settore. La cosiddetta buona scuola non ha certo risolto i problemi endemici del settore e le risorse già stanziate sono ferme al palo. Vanno sbloccate. Quarto:  per la sanità servono risorse aggiuntive. A questo proposito condividiamo e sosteniamo la rivendicazione fatta dalle Regioni, in vista dell’approvazione della legge di Bilancio, sulla necessità di finanziare con risorse aggiuntive, destinate al contratto, il Fondo sanitario nazionale. E il  Governo e il Parlamento su questo dovrebbero riflettere attentamente: il contratto della sanità sarà una cerniera che deve soddisfare tutti i 20 diversi sistemi regionali.  Non si può non tenere conto di queste esigenze. Vanno risolti i nodi relativi alle deroghe per gli orari di lavoro e al sistema degli incarichi professionali, delle posizioni organizzative e dei coordinamenti. Per non parlare della questione degli OSS che va risolta. Noi abbiamo dato la disponibilità a discutere di tutto senza pregiudizi ma servono risposte precise e finanziamenti adeguati non buone intenzioni.>>

Ufficio Stampa