Il 27 giugno l’ARAN ha convocato le OO.SS. rappresentative (Cgil, Cisl. Uil, Confsal, Cse, Usae, Usb, Cisal, Cida, Codirp, Cosmed e Confedir).

Ricordiamo brevemente i termini temporali di quella che è diventata, nel corso degli anni, una vera e propria odissea per i circa 3,3 milioni di dipendenti pubblici, oggi raggruppati nei quattro nuovi comparti delle Funzioni centrali, Funzioni locali, Sanità e Istruzione/Ricerca.

Gli ultimi contratti che furono sottoscritti risalgono al quadriennio 2006-2009, mentre dal 2010 è entrato in vigore il blocco delle retribuzioni (d.l. 78/2010), prorogato con il d.l. 98/2011, norme che sono state regolarmente richiamate all’interno delle leggi finanziarie approvate negli anni successivi; nel 2015, con la sentenza n. 178/2015, la Corte Costituzionale ha sancito la riapertura dei contratti a partire dal luglio 2015, e quindi all’interno del triennio 2013-2015.

Infine, il 30 novembre 2016, il Ministro per la pubblica amministrazione Marianna Madia ha sottoscritto con le oo. ss. CGIL, CISL e UIL un accordo sul quantum relativamente alla parte economica, fissato ad 85€ medi mensili.

Si tratta di un importo risibile, assolutamente insufficiente a bilanciare 8 anni di congelamento degli stipendi di milioni di lavoratori, che non riallinea il potere di acquisto delle loro buste paga al reale costo della vita, come avvenuto viceversa nel settore privato dove, nello stesso periodo, gli stipendi dei lavoratori sono stati incrementati, mediamente, di circa 230€ mensili, in due tornate.

A questo si aggiunga che l’accordo non prevede il recupero contrattuale del triennio 2013-2015 ed esclude quasi mezzo milione tra lavoratori precari non dipendenti (atipici, collaboratori e temporanei) e occupati a tempo determinato.

Ulteriori preoccupazioni derivano poi dalla nota carenza di risorse: ad oggi infatti, al rinnovo del contratto degli statali è stata destinata una cifra che non permette di raggiungere gli 85 euro: per giungere a tale importo si renderà necessario un ulteriore intervento nella prossima legge di bilancio.

I sindacati hanno stimato che le risorse si aggirano sui due miliardi di euro, in aggiunta a quelle già allocate.

L’ultimo Dpcm ha stanziato infatti risorse per 3 anni, ripartite tra il 2016-2017-2018, che permettono di raggiungere un aumento medio di circa 35 euro: la parte mancante per arrivare a quota 85 euro dovrebbe trovarsi nella prossima legge di bilancio, con tutte le incognite del caso.

Alla luce di quanto sopra esposto, questa o. s., che non ha firmato alcun accordo sulla cifra di 85€ medi mensili, chiede che nell’ambito del rinnovo del contratto dei lavoratori del pubblico impiego, sia previsto un aumento medio mensile di 250€ pro capite, al fine di sanare una intollerabile e non più sostenibile sperequazione tra i lavoratori pubblici italiani e quelli europei.

Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
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