Signor Ministro,

la recente evasione di sette detenuti dall’istituto penale per minori “Cesare Beccaria” di Milano ha acceso nuovamente i riflettori sulla drammatica situazione del nostro sistema penitenziario minorile, ben oltre il pur grave problema delle falle nella sicurezza della struttura che hanno consentito l’evasione di massa.

Il disagio dei minori reclusi, come ha ben evidenziato il cappellano del Beccaria in una intervista alla stampa, deriva dalla cronica carenza di attività da svolgere all’interno della struttura per riempire, in modo utile e costruttivo, il tempo della pena (o della custodia cautelare).

Mi permetto, Signor Ministro, di citare brevemente la mia esperienza in qualità di educatrice e direttrice del carcere minorile Malaspina di Palermo nei lontani anni Settanta-Ottanta, quando le giornate dei ragazzi erano un susseguirsi di attività: scuola, sport, formazione professionale, attività culturali e ludiche riempivano l’intera giornata dei giovani reclusi, al punto che non avevano il tempo, e mi lasci dire, neanche la voglia di evadere, perché il carcere offriva loro realmente un modello di vita alternativo alla drammatica realtà da cui provenivano, impegnandoli in attività finalizzate a dotarli di strumenti utili al loro reinserimento sociale una volta scontata la pena.

Oggi al Beccaria, come negli altri istituti minorili della penisola, questo non accade, a causa delle gravissime carenze di personale, educativo e di polizia penitenziaria, che rendono inapplicabili i principi del regolamento penitenziario minorile, e riducono la funzione del carcere al mero controllo sociale della devianza minorile.

La direzione dell’istituto milanese è affidata ad una dirigente che è una delle responsabili dell’istituto per adulti di Milano Opera, per cui la sua presenza presso il Beccaria è limitata ad un paio di giorni alla settimana, troppo poco per le esigenze dell’istituto.

Per restituire la dignità a questa istituzione, a chi vi lavora e a chi è costretto a trascorrerci alcuni anni della propria esistenza, è indispensabile assumere personale, in modo da rendere possibile lo svolgimento delle attività trattamentali previste dalla normativa, che vanno fortemente implementate, anche con il supporto della società esterna, in modo tale da non lasciare i ragazzi nell’ozio. Soltanto così gli istituti penali per minori, che sono e rimangono carceri, assolveranno la

loro funzione istituzionale, di cui all’articolo 27 della Costituzione, quella di costruire percorsi

trattamentali finalizzati al reinserimento sociale dei giovani condannati; un carcere che viceversa si limita a custodire e a punire, restituirà alla società civile soltanto ragazzi e ragazze, uomini e donne incattiviti, sfiduciati, ancora più soli.

Ringraziamo per la cortese attenzione, e rimaniamo disponibili a partecipare ad eventuali gruppi di lavoro sul tema, sulla scorta della nostra pregressa esperienza.

Il Coordinatore Nazionale           

 Paola Saraceni

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