l mantenimento delle fasce orarie differenziate, con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato (7 ore a fronte di 4 nell’arco di una giornata) costituisce una ingiustificata disparità di trattamento, considerato che un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito.

È quanto viene affermato dal tribunale amministrativo del Lazio con la sentenza che boccia così una delle riforme approvate dall’allora ministro Madia.

Si ricorderà che dal 13 gennaio 2018 è entrato in vigore il decreto ministeriale 206/2017, con il quale è stato introdotto un nuovo regolamento in materia di visita fiscale in caso di malattia e di fasce orarie di reperibilità (articolo 55-septies, comma 5-bis, del Dlgs 165/2001).

Il decreto ha fissato per i dipendenti pubblici delle fasce orarie di reperibilità giornaliere di 7 ore (dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18), con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi contro le 4 ore (dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19) previste per il settore privato.

Contro il provvedimento, la Uil Pa ha agito innanzi al giudice amministrativo del Lazio nella parte in cui ha lasciato invariate e differenziate le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, in caso di malattia, per i dipendenti di amministrazioni pubbliche e di soggetti privati, pur essendo stata ex ante demandata a tale fonte la loro armonizzazione, così come invece sancito dal legislatore con il comma 5 bis.

Il Tar laziale ha ricordato che il decreto 206/2017, oggetto dell’impugnativa in esame, avrebbe dovuto armonizzare finalmente le fasce di reperibilità tra pubblico e privato, ma così non è stato, poiché a giudizio del ministero proponente «l’armonizzazione alla disciplina prevista per i lavoratori privati avrebbe comportato (per i dipendenti pubblici) una riduzione delle fasce orarie da sette ore giornaliere a sole quattro e, quindi, una minore incisività della disciplina dei controlli».

Secondo i giudici amministrativi, tuttavia, il mantenimento delle fasce orarie differenziate, con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato non può che generare una violazione del principio costituzionale di uguaglianza e della tutela della salute (con effetto, infatti, di dissuadere il dipendente dal ricorso al congedo per malattia).

Pertanto, si legge nella sentenza, un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito.

Con questa motivazione il Tar accoglie il ricorso e ordina che la sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ufficio stampa

La sentenza n. 16305/2023