Al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede

Al Ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno

Al Ministro dell’Interno Matteo Salvini

La nascita del coordinamento unitario dei lavoratori del settore penitenziario all’interno della Federazione Funzioni Centrali della FSI -USAE si pone come la logica conseguenza della nostra visione di quel complesso mondo.

L’attuale divisione del personale tra il comparto sicurezza e quello delle funzioni centrali è disfunzionale ed iniquo, considerata l’unicità della mission istituzionale perseguita da questi lavoratori e il difficile ambiente lavorativo in cui operano (il carcere): a fronte di ciò, vigono attualmente due regimi completamente diversi, sia da un punto di vista dell’inquadramento giuridico e del trattamento economico.

Questo negli anni ha determinato un crescente scollamento delle due “anime” del carcere, totalmente disfunzionale ad una corretta gestione dello stesso, come se sicurezza e trattamento fossero due anime diverse e opposte, e non invece le due facce di una stessa medaglia, come il contenuto dell’articolo 27 della Costituzione sta chiaramente a dimostrare.

Mai come oggi, di fronte alle nuove sfide poste all’esecuzione penale dal sovraffollamento e dalla sempre più massiccia presenza di detenuti extracomunitari, emerge la necessità di unificare gli inquadramenti e il trattamento del personale, mediante la confluenza all’interno dei ruoli tecnici della polizia penitenziaria di tutti gli appartenenti al Comparto Funzioni Centrali dipendenti del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità.

Un altro tema di scottante attualità riguarda la sicurezza dinamica, un modello organizzativo che è stato adottato in risposta alle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che con la sentenza Torreggiani, aveva condannato l’Italia per il trattamento inumano e degradante cui erano sottoposti i detenuti a causa del sovraffollamento carcerario.

Ma l’adozione del nuovo modello, a causa della inadeguatezza di molte strutture ma soprattutto per la cronica mancanza di attività lavorative, formative e sportive, ha di fatto moltiplicato i problemi all’interno dei nostri istituti penitenziari, creando situazioni di disordine permanente dove risse tra i detenuti e aggressioni al personale sono ormai all’ordine del giorno.

Il problema è che i detenuti, se devono essere chiusi soltanto nelle ore notturne, vanno tenuti impegnati in modo costante e produttivo, per mezzo di attività lavorative, con quelle di istruzione e di formazione professionale, con la pratica dello sport: tutto fuorché l’ozio più totale, come avviene oggi, che costituisce il più deleterio dei passatempi.

Solo così si potrà assicurare il pieno rispetto del dettato normativo, che coniuga il mantenimento dell’ordine e della sicurezza all’interno degli istituti penitenziari all’offerta di interventi trattamentali finalizzati alla risocializzazione dei condannati.

E la strada che porta a questo traguardo deve passare necessariamente per l’unificazione dei trattamenti economico e giuridico del personale penitenziario, attraverso la già ricordata confluenza del personale del comparto funzioni centrali all’interno dei ruoli tecnici della polizia penitenziaria.

Chiediamo pertanto che quanto rappresentato diventi la base su cui fondare la concreta riforma del sistema penitenziario italiano, da realizzare al più presto e non più rinviabile.

Si ringrazia per l’attenzione e si porgono cordiali saluti.

Il Coordinatore Nazionale

 Paola Saraceni

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