Signor Ministro, torniamo a scriverLe in considerazione del ruolo assolutamente centrale e prioritario che la riforma della Giustizia riveste per il nostro Paese ai fini della erogazione delle risorse previste dal Piano Nazionale di ripartenza e resilienza.

Come sappiamo, l’impegno assunto dall’Italia, per dar seguito alle precise richieste dell’Europa, è di ridurre del 40% la durata dei procedimenti civili, e del 25% la durata di quelli penali: questo perché è ormai assodato che la lunghezza dei procedimenti nel nostro Paese supera enormemente quella degli altri Paesi europei (con una media, nel civile, di 1.120 giorni, a fronte dei 499 della Germania e dei 395 della Francia).

            Le conseguenze di questa criticità sono molteplici, dall’enorme numero di procedimenti penali che si estinguono con la prescrizione, alla crescente delegittimazione di un intero sistema che scoraggia gli investitori, soprattutto stranieri, fino ad una vera e propria negazione del concetto stesso di giustizia.

            In riferimento a quelli che sono stati individuati come possibili rimedi all’attuale gravissima situazione, condividiamo sicuramente l’idea di velocizzare gli iter procedurali, attraverso il potenziamento dell’Ufficio del processo con l’assunzione di esperti che possano coadiuvare il magistrato, la digitalizzazione delle cancellerie, la realizzazione di nuovi edifici per ospitare gli uffici.

            Ma è sul primo punto che vogliamo soffermarci, per evidenziare alcune nostre perplessità, in quanto è emerso che molte delle assunzioni previste prevedono dei contratti a termine, della durata massima di tre anni; nutriamo anche forti dubbi che questo personale, se da una parte sia di aiuto ai magistrati, lo sia altrettanto alle cancellerie, che ormai sono semideserte per le forti carenze di organico.

            Cediamo che questa sarebbe una scelta profondamente errata, che consentirebbe soltanto (e non in modo certo) un riallineamento temporaneo dei ritardi della giustizia in termini di provvedimenti, ma non in termini di arretrato, dato che senza il personale che lo notifica e lo mette in esecuzione, ogni provvedimento giurisdizionale è destinato a rimanere lettera morta, determinando entro breve tempo un nuovo ingolfamento del sistema, mancando personale che esegua il lavoro dei magistrati.         Se davvero si vuole rendere efficiente la nostra giustizia, il rinnovamento della forza lavoro dovrà avere carattere strutturale e permanente, focalizzandolo sulle cancellerie, considerato anche l’elevato numero di pensionamenti che seguiranno.

            Non è più pensabile, infatti, che per funzionare la giustizia italiana si debba far ricorso al precariato, come troppe volte è accaduto in passato, quando si sono susseguite le assunzioni di personale raccogliticcio da altri enti o amministrazioni (NATO, CRI, etc…) o lo “sfruttamento” di tanti giovani tirocinanti, impiegati per anni in ruoli chiave dell’amministrazione, per la misera somma di circa 400 euro mensili.             Siamo convinti che una riforma della giustizia, per essere realmente efficace, debba

necessariamente passare per una profonda valorizzazione del personale già in ruolo, con il riconoscimento di retribuzioni più idonee alle delicate funzioni svolte, anche con la istituzione, in aggiunta a quella già percepita, della indennità di “ausilio giurisdizione”, equiparata a quella prevista dall’Agenzia delle Dogane, al fine di allinearle con quelle, molto più elevate, degli omologhi colleghi europei, preservando così anche l’abbandono dei giovani assunti nella nostra amministrazione, che vincono concorsi in altre PP. AA. dove trovano migliori condizioni salariali e di lavoro.

            Al riguardo, andrà rivisto l’ordinamento professionale del personale giudiziario, per adeguare i relativi profili alle mutate esigenze, con la creazione dell’area quadri, indispensabile ad una nuova e più funzionale organizzazione del lavoro, nonché l’abolizione della doppia dirigenza (magistrati e dirigenti amministrativi), al fine di sollevare i magistrati da tale onere, riservando loro solamente gli incarichi propri della loro funzione esclusiva.

            Inoltre, non va dimenticato che il riallineamento dei tempi della giustizia penale alleggerirà enormemente la pressione sugli istituti penitenziari, ove oltre un terzo dei ristretti è in attesa di giudizio, e dove gli operatori lavorano in condizioni estreme.

            Il personale giudiziario rappresenta il motore stesso del sistema, pertanto la destinazione delle risorse che si renderanno disponibili a breve dovrà tenere conto dei bisogni e delle esigenze di questi lavoratori, pena il fallimento di una riforma epocale della quale l’intero Paese ha bisogno, non da domani né da oggi, ma da molto, troppo tempo ormai.

Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
347.0662930

fsi.funzionicentrali@usaenet.org