La cronaca di questi ultimi mesi ha evidenziato il preoccupante aumento dei casi di violenza sessuale di gruppo, che hanno visto come vittime ragazze minorenni.

Senza voler cadere nella retorica, non possiamo esimerci dal ritenere questi episodi come la manifestazione più abbietta e bestiale del comportamento umano, che niente e nessuno potrà mai giustificare, neanche all’interno della folta schiera degli intellettuali da salotto, per i quali le colpe sono sempre del contesto, della storia, della società, e mai individuali, come invece recita il primo comma dell’articolo 27 della nostra Costituzione. Le condotte sopra richiamate sono caratterizzate dalla totale mancanza di empatia, dal disprezzo dell’altrui dignità e libertà, da una micidiale miscela di sadismo ed egoismo che non trova uguali nel mondo animale, e che ha caratterizzato nei secoli i periodi più tetri della storia dell’uomo come le guerre, le invasioni, le persecuzioni, gli stermini ed i genocidi, dei quali sono stati gli orridi corollari: e per aggiungere orrore ad orrore, evidenziamo come non di rado queste condotte siano agite da minori. Intorno a questa preoccupante escalation di violenza, si è sviluppato un ampio dibattito, che coinvolge il mondo della cultura, della scienza e della politica, ognuno pronto con la sua ricetta specifica. L‘ultimo episodio di Catania ha visto protagonisti sette ragazzi extracomunitari, arrivati come minori non accompagnati in Italia da alcuni anni, tre dei quali minorenni all’epoca dei fatti (30 gennaio u.s.).

L’episodio è di una gravità inaudita: ha sconvolto per sempre la vita di una ragazzina di 13 anni e del suo fidanzatino di 17, presente alla violenza ma impossibilitato ad intervenire da alcuni dei criminali; ha segnato per sempre la vita dei genitori e dei familiari della vittima ed ha gettato una intera comunità nella paura, scatenando una rabbia che potrebbe in futuro degenerare in un odio indiscriminato, che sarebbe comprensibile ma che non è certamente auspicabile. Ci chiediamo di quale azione educativa, di integrazione, di inclusione (parola tanto abusata oggi) siano stati destinatari questi soggetti da parte delle comunità che li hanno ospitati al loro arrivo in Italia: qualcosa non ha funzionato, evidentemente, per quale motivo? Carenza di operatori, loro impreparazione, sovraffollamento delle strutture, insufficienza dei fondi necessari, vuoti normativi… probabilmente una miscela di tutto questo ed altro ancora. Crediamo che lo Stato debba vigilare costantemente sulla gestione da parte di terzi di questi soggetti, che sono sempre più numerosi a causa dell’aumento degli sbarchi di clandestini nel nostro Paese, perché il tema è: o si impediscono gli sbarchi o se si decide per l’accoglienza, allora questa deve essere un processo completo, che comprende il sostentamento e l’assistenza, ma anche concrete politiche di integrazione, fatte di percorsi educativi e formativi, perché limitarsi alla mera custodia di queste persone, peraltro in condizioni spesso infime, non fa che scaricare successivamente il problema sui cittadini, come i fatti di Catania hanno purtroppo dimostrato. A tutto ciò deve aggiungersi ovviamente un sistema efficace di controlli, finalizzati alla prevenzione ed alla repressione delle condotte penalmente rilevanti eventualmente agite da questi soggetti. Crediamo anche che di fronte a certi reati, in considerazione dei danni devastanti e permanenti che questi arrecano alle vittime innocenti, il vigente codice di procedura penale minorile (DPR 488/1988) sia ormai inadeguato, perché la sua apertura, che si sostanzia in percorsi sanzionatori attenuati in virtù proprio della minore età dei suoi destinatari, sempre più spesso viene interpretata da troppi minorenni come una sorta di impunità, che di sicuro non causa il passaggio all’atto criminale, ma certamente ne facilita l’innesco all’interno di percorsi di vita individuali e, soprattutto, di gruppo già drammaticamente orientati da cause multifattoriali. Sebbene si condivida l’impianto di base della normativa citata, purtuttavia è indispensabile, a nostro parere, introdurre sanzioni più pesanti per le condotte più gravi, e tra queste primeggia sicuramente la violenza sessuale di gruppo in danno di vittime minorenni. Da un punto di vista storico, si sta ponendo un grande problema: il continuo arrivo di individui da zone del mondo ove il rispetto per le donne, per motivi culturali e religiosi, è assai ridotto, impone alla nostra politica di ribadire con forza, anche con quella della repressione nei casi più gravi, i principi alla base della nostra legge e della nostra civiltà. Contestualmente, se si decide di ospitare minori, spesso non accompagnati, nel nostro Paese, lo Stato deve necessariamente garantire, attraverso l’azione delle sue strutture o di quelle a cui delega tale compito, l’integrazione di questi soggetti, che è fatta in primis della introiezione delle norme poste alla base della convivenza civile, perché non è accettabile che in un Paese come l’Italia, pacifico ed accogliente, debbano verificarsi episodi come quello di Catania, dove il parco pubblico di una metropoli è diventato terra di nessuno, anzi il territorio di un branco di feroci aguzzini.

Questa ultima considerazione, rimanda al grave problema del controllo del territorio, rispetto al quale evidentemente occorre fare molto di più, adeguando gli organici (e il trattamento economico) delle forze dell’ordine, il cui impegno quotidiano è straordinario (si pensi che i sette criminali di Catania sono già stati individuati ed arrestati), ma insufficiente a fronteggiare questa ondata crescente di criminalità.

Paola Saraceni Segretario Nazionale di Federazione 347.0662930 fsi.funzionicentrali@usaenet.org