Nel corso di un recente dibattito sulla crescita del PIL, il Ministro per la pubblica amministrazione
Renato Brunetta ha dichiarato che una spinta ulteriore alla sua crescita potrebbe derivare da una
corposa riduzione della percentuale di pubblici dipendenti attualmente impegnati nello smart
working , percentuale che nel marzo 2020, allo scoppio della pandemia, aveva toccato punte
superiori al 70% nei comparti istruzione e funzioni centrali.

Oggi i pubblici dipendenti in regime di smart working sono stimati essere circa 1,2 milioni, pari al
37% del totale, mentre il Ministro Brunetta ha ipotizzato che tale percentuale non dovrà superare il
15%, interessando quindi circa 500mila lavoratori: ciò significa che il lavoro agile dovrà rimanere
una modalità eccezionale, che sarà decisa dai singoli dirigenti in funzione delle particolari esigenze
dei rispettivi uffici.
Questa presa di posizione del Ministro conferma quella che è stata una visione piuttosto diffusa
dell’istituto del lavoro agile durante la fase acuta della pandemia, e cioè una interpretazione dello
stesso in chiave esclusivamente emergenziale, volto a garantire il funzionamento degli uffici e la
contestua le salvaguardia della salute dei lavoratori di fronte al rischio di contagio da covid 19.
In questa situazione, la maggioranza dei lavoratori pubblici si è trovata ad affrontare enormi
difficoltà per assicurare la prestazione lavorativa dovuta, a causa del la mancanza di regole precise
relativamente ad orari di lavoro e pause consentite, affidabilità delle connessioni internet,
reperibilità telefonica, modalità di controllo talora fortemente invasive agite da alcuni dirigenti, con
la sovrapposizione dell’attività lavorativa, spesso protratta per l’intera giornata, con i tempi di vita
normale e di gestione delle esigenze familiari.
Crediamo viceversa che il lavoro agile, disciplinato da una specifica normativa del 2017 e dunque
non correlato in alcun modo alla emergenza sanitaria esplosa nel 2020, vada incrementato,
attraverso l’adozione di un nuovo modello manageriale, focalizzato più sugli obiettivi e meno sul
controllo (che spesso si limita alla sterile verifica dell’osservanza degli orari di presenza sul po sto di
lavoro), e su di una più precisa cornice normativa, che disciplini in modo puntuale e definito tutti gli
aspetti di questa nuova modalità lavorativa.
Si tratta, in alteri termini, di attivare un processo di profonda responsabilizzazione dei lavoratori,
che andranno valutati per i risultati effettivamente raggiunti, e non per la mera adesione a procedure
formali: ciò presuppone anche una crescita della dirigenza, che deve svincolarsi dall’ossessione del
controllo fine a sé stesso.

L’assunto del Ministro Brunetta secondo il quale la riduzione del numero dei lavoratori in smart
working produrrebbe benefici all’economia nazionale, è contraddetto da numerosi studi e pareri di
esperti che viceversa evidenziano come proprio l’adozione del lavoro agile abbia determinato o
potrebbe determinare significativi miglioramenti dei servizi ed incrementi della produttività
Pricewaterhouse Coopers , Osservatorio del Politecnico di Milano, Presidente del CNEL,
University College of London 1.
Non vanno poi sottaciuti i numerosi benefici derivanti da una adesione massiva al lavoro agile: la
riduzione del traffico cittadino e dell’utilizzo dei mezzi pubblici, con riflessi positivi
sull’inquinamento, specialmente nelle grandi aree metropolitane; la riduzione/abolizione del
pendolarismo per moltissimi lavoratori, con innegabili benefici per gli stessi e la prevedibile
drastica riduzione del tasso di assenteismo del personale, spesso correlato a questa problematica; il
notevole risparmio sui consumi e sui costi di locazione di uffici e locali da parte della pubblica
amministrazione.
In conclusione, crediamo che l’adozione del lavoro agile per cospicue fasce di pubblici dipendenti
(ad esclusione di quelli impegnati in servizi che richiedono l’interazione con il pubblico o
comunque la presenza in sede) rappresenti il futuro della pubblica amministrazione e non debba più
rispondere a logiche meramente emergenziali: pertanto la soglia del 15% cui fa riferimento il
Ministro competente andrà rivista ed ampiamente superata, nell’ambito di un adeguamento della
cornice normativa della materia specifica.
Il Coordinatore Nazionale
Paola Saraceni
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